Politica

«Unione in mano all’ultrasinistra Il Professore è ormai un pericolo»

Il ministro Baccini: la scelta del leader Prc a Montecitorio è una deriva verso l’ala estrema

Fabrizio de Feo

da Roma

«Il via libera a Bertinotti è il segno di una deriva verso la sinistra estrema da parte di una coalizione che oggi, più che mai, sottolinea i suoi limiti. Noi lo avevamo detto con chiarezza: il governo Prodi è un pericolo per l’Italia». Mario Baccini guarda verso le grandi manovre in corso nell’Unione. E lancia l’allarme per lo spostamento del baricentro dell’esecutivo nascente.
Onorevole Baccini, l’Unione inizia con una contrapposizione frontale. E consegna il fischietto dell’arbitro a Fausto Bertinotti. Cosa significa tutto questo?
«Avevamo detto chiaramente che l’Unione, sui valori e la difesa delle tradizioni, avrebbe avuto la guida a sinistra. Forse nessuno si aspettava che Rifondazione facesse pesare subito il suo potere di veto e di ricatto e alla prima occasione si impuntasse. Questo dimostra quanto siano fragili le fondamenta della coalizione».
Qualcuno ora ipotizza una seconda mossa a incastro: la candidatura di Massimo D’Alema per il Quirinale. Se questo avvenisse la prima e la terza carica dello Stato sarebbero in mano a due uomini di formazione comunista.
«Vedremo. Di certo quello che è successo rappresenta una sconfitta politica per D’Alema perché i Ds, pur di stare nel gioco, fanno buon viso a cattiva sorte. I Ds, non esprimendo il presidente del Consiglio e una presidenza delle due Camere, definiscono i propri limiti di capacità di guida».
Una coalizione di governo che rischia di andare avanti a colpi di ultimatum come si comporterà di fronte alle scelte più complesse?
«Sono convinto che questa coalizione avrà già serie difficoltà nei primi appuntamenti parlamentari, come nella formazione del governo. I ricatti interni si faranno sentire ed esploderanno fragorosamente sulla Finanziaria».
La Cdl sarà davvero capace di mantenersi compatta e far uscire allo scoperto le contraddizioni della maggioranza?
«Sono convinto che non ci debbano essere sconti o scorciatoie. L’Udc farà un’opposizione ferma e dura. Se Prodi ritiene di avere la forza per governare lo faccia ma senza il soccorso di nessuno. Sono convinto che far esplodere le contraddizioni sarà uno dei nostri ruoli».
C’è, però, alle viste un appuntamento delicato: il voto per il rifinanziamento della missione in Irak. Cosa accadrà in questo caso?
«Sulle questioni di politica estera e istituzionale sono convinto che non possiamo fare opposizione all’Italia. Se il centrosinistra non avrà la responsabilità o la capacità di occuparsi di questi problemi, per carità di patria dovremo assumerci noi la responsabilità. Ne va dell’immagine del nostro Paese. Ma questo dimostrerà l’inerzia e l’incapacità della maggioranza».
Per i riformisti dell’Unione si preparano tempi duri. Il partito unitario del centrodestra potrà servire da calamita anche per loro?
«La Margherita si prepara a vivere una stagione di marginalità. Ma noi dobbiamo soprattutto pensare a dare cittadinanza politica agli interessi reali dei ceti produttivi e ripartire dalla risposta politica fornita dalla stragrande maggioranza degli italiani al referendum sulla fecondazione assistita. Io non credo a un grande partito che sia soltanto la sommma delle sigle di più partiti.

Credo invece a un grande partito dei moderati che riporti la politica fuori dai palazzi».

Commenti