Unione, è tutto da rifare Ora spunta Bassanini

Riparte la caccia dei Ds al candidato Rifondazione: solo se si fanno le primarie

Giannino della Frattina

La notizia arriva da Roma e Milano l’accoglie gelidamente. L’ex ministro Franco Bassanini è il nuovo cavallo su cui il centrosinistra punta per dare l’assalto a Palazzo Marino. Sessantacinque anni, milanese di nascita, ex socialista di osservanza lombardiana, Bassanini è senatore e oramai ds di lungo corso. Ministro del governo Prodi è ricordato, anche a sinistra con una certa ostilità, per l’impegno nella riforma del sistema amministrativo italiano. Da lui, probabilmente timoroso di essere mandato allo sbaraglio e di far la brutta fine del professor Umberto Veronesi, arriva uno scaramantico «non ne so nulla». E poi, subito, un non proprio simpaticissimo «non intendo commentare, io mi sto occupando di cose serie e non so dove nascano queste voci». Mica male per uno che dovrebbe convincere i milanesi a votarlo. E, per non rischiare fraintendimenti, ci va giù deciso. «Sto dicendo che non intendo commentare, fine della trasmissione».
A Milano bocche cucite tra i dirigenti Ds. «Una dichiarazione su Bassanini? Nemmeno sotto tortura», schiva con spirito il capogruppo Emanuele Fiano. «Bassanini? Con lui c’è un problema di vecchia data - le parole di Gianni Occhi, numero uno di Rifondazione comunista a Palazzo Marino -. Troppi poteri consegnati al sindaco e una visione centralizzata e centralista delle istituzioni». Quindi? «Se uscirà valuteremo la candidatura, ma in quel caso le primarie diventerebbero ancora più importanti». E dunque ancora un candidato imposto dall’esterno bocciato da chi dovrebbe sostenerne la corsa alla scrivania di Gabriele Albertini.
«Vorrei che la politica non fosse costretta a commentare le notizie pubblicate da Dagospia», fa muro il responsabile della Margherita milanese Nando Dalla Chiesa. Un candidato paracadutato a Milano? «Non so. La nostra proposta è sempre la stessa.

Decidiamo e mettiamo a confronto diverse candidature e poi valutiamo quella che possa offrire al centrosinistra una maggiore possibilità di allargamento del consenso. E magari questa volta facciamolo in modo riservato. Non come con Veronesi che siamo stati costretti a discutere sui giornali».

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