Gli Usa alla Corea: «Scegliete tra futuro e atomica»

Intelligence al lavoro con satelliti e aerei spia per scoprire il sito dell’esperimento

Andrea Nativi

«La Corea del Nord può scegliere se avere un futuro o avere armi nucleari, ma non potrà avere entrambi». Con queste durissime parole Cristopher Hill, sottosegretario di Stato e rappresentante degli Stati Uniti nelle relazioni con Pyongyang, ha espresso ieri una chiara minaccia per dissuadere il regime coreano dal procedere con l’annunciato test della sua prima bomba nucleare.
Hill ha aggiunto di non essere in grado in questo momento di dire quale sarà la reazione di Washington nel caso in cui l’esperimento nucleare venisse effettuato. «Faremo tutto il possibile per dissuaderli da questo test», ha detto il sottosegretario Usa ribadendo però che gli Stati Uniti «non tollereranno e non sono disposti a convivere con una Corea del Nord che abbia armi nucleari». Washington non ha scelta, ha aggiunto l’alto funzionario del Dipartimento di Stato, se non quella di «agire risolutamente per essere sicuri che la Corea del Nord capisca, e ogni altro Paese capisca, che un test nucleare è un errore molto grave».
La nuova bordata dagli Usa si aggiunge alla dura posizione del Giappone che sta premendo sul Consiglio di sicurezza dell’Onu perché intimi a Pyongyang di cancellare i test atomici. L’ambasciatore giapponese all’Onu Kenzo Oshima, attuale presidente di turno del Consiglio di sicurezza, sta lavorando a una bozza di risoluzione e ha invitato ancora una volta la Corea del Nord a riattivare i negoziati a sei, che nel 2005 avevano prodotto qualche risultato. La stessa Cina è stata in larga misura spiazzata dalla mossa dell’ex Paese cliente e ha invitato Kim Jong Il ad agire con «calma e moderazione», mentre il ministro degli Esteri Li Zhaoxing ha detto che un test nucleare «rischia di avere serie conseguenze». Il forcing diplomatico condotto da Giappone e Usa mira a ottenere in tempi brevi una ferma condanna da parte dell’Onu, anche senza menzionare l’applicazione di nuove sanzioni.
Intanto la macchina intelligence e militare Usa è in piena attività per cercare di individuare il sito dove il test sotterraneo potrebbe aver luogo. Molti puntano su Pong’Gye, nei pressi di Kiljo, ma in realtà le località tenute sotto controllo da satelliti e aerei spia sono quasi una decina. Si tratta di complessi sotterranei e tunnel dove sono stati segnalati lavori significativi, collegati e raggiungibili da una linea ferroviaria, perché Kim Jong Il probabilmente presenzierebbe e notoriamente predilige spostarsi in treno.
In realtà la possibilità di scoprire il sito è remota, vista l’abilità della Corea del Nord di camuffare le proprie attività, per non parlare del muro di segretezza che circonda il programma militare nucleare. Anche le comunicazioni governative sono protette ed estremamente ridotte. Pyongyang sembra cercare forte pubblicità dal test nucleare, magari da usare come arma di ricatto, quindi potrebbe lasciare volutamente qualche indizio. Tutta la comunità scientifica e militare statunitense e giapponese è mobilitata per seguire e decifrare ogni istante del test. Si ritiene che la bomba sarà al plutonio, a fissione, piuttosto rozza e voluminosa. La Corea del Nord ha abbastanza plutonio, circa 50 chili, sufficiente per produrre da 2 a 10 bombe «tipo Nagasaki», sui 20 chilotoni di potenza. Ma la dimostrazione di forza non si tradurrebbe immediatamente in una minaccia militare: fornirebbe ai nordcoreani le informazioni e le verifiche per procedere allo sviluppo di una bomba abbastanza piccola per armare un missile balistico. Cosa che richiederebbe anni, altre prove e cospicui investimenti.

Ecco perché il comandante delle forze statunitensi nel Pacifico, ammiraglio Fallon, non ha parlato di minaccia imminente. E lo stesso segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha sostenuto che il pericolo maggiore deriva dalla possibilità che Pyongyang si metta a vendere la sua tecnologia nucleare come già ha fatto con i missili balistici.

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