Vacma, il pedale della discordia bocciato quattro volte dalle Asl

Si aggrava il bilancio della tragedia: 69 feriti, di cui 11 in gravi condizioni. Si teme anche per la vita del padre della piccola Gabriella

Nino Materi

Il nomignolo che gli hanno affibbiato i macchinisti non promette nulla di buono: «Pedale dell’uomo morto». Meglio quindi chiamarlo con la sua definizione autentica: Vacma (Veille Automatique Control par Maintien d'Appui, in italiano «Sistema di controllo automatico del mantenimento della vigilanza»).
Si tratta di un pedale da tenere sempre premuto, fino a quando un segnale audio (che vien fuori in genere dopo 55 secondi) non indica di rilasciarlo per un attimo: lo scopo è di garantire che il macchinista «sia sempre presente e vigile». Nel caso il conducente non «obbedisca», dopo 2,5 secondi c'è un secondo segnale audio (di ulteriore allarme) e dopo altri 2,5 secondi interviene la frenatura automatica del treno. Al momento non sappiamo se l’Interregionale che due giorni fa ha tamponato il suo treno gemello nella stazione di Roccasecca, avesse o no nella cabina di guida il sistema Vacma; anche su questo particolare sarà importante il responso delle perizie in corso.
Ma com’è possibile che questo dispositivo di sicurezza previsto dal 2003 possa trovarsi su alcuni treni e non su altri? La risposta è semplice: ciascun macchinista, al momento di iniziare il viaggio, può scegliere o no (previa compilazione di un apposito modulo) se far funzionare il Vacma. Sembrerebbe una procedura assurda, eppure è così. Il Vacma rappresenta infatti uno dei principali argomenti che dal 2003 ad oggi ha diviso il sindacato dei macchinisti da Trenitalia: i primi sostengono che il Vacma, lungi dall’aumentare la sicurezza, rappresenta un ulteriore elemento di stress per il personale di guida; Trenitalia, forte delle esperienze europee dove il Vacma funziona da anni, è convinta invece che tale sistema di allarme offra ottime garanzie. Inevitabile quindi il ricorso alla carta bollata. Un contenzioso che si trascina da due anni con opposti pronunciamenti che non sono serviti a risolvere la querelle. L’ultimo «colpo di scena» risale a qualche giorno fa con l’Asl di Prato (dipartimento Servizio di sicurezza sui luoghi di lavoro) che ha ordinato all’azienda ferroviaria di rimuovere dai locomotori il dispositivo di vigilanza Vacma in quanto «pericoloso per la salute dei macchinisti e per la sicurezza della circolazione», conclusione controfirmata, al termine di un’accurata indagine giudiziaria, dal procuratore Beniamino Deidda. In precedenze si erano espresse sulla stessa linea anche le Asl di Livorno, Genova e La Spezia, concordi nell’intimare l’azzeramento del famigerato pedale Vacma.
Problema risolto? Neppure per sogno: ai macchinisti che rifiutano il Vacma, Trenitalia ha spesso applicato multe e sospensioni di servizio che hanno scatenato la protesta sindacale.

Per la Cgil «il Vacma contrasta con le norme della legge 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, perché introduce elementi di monotonia e ripetitività espressamente vietati dalla stessa legge 626, e perché aumenta lo stress nella guida compromettendo l’attenzione del macchinista verso l’esterno»; in altre parole: «Per star dietro al pedale il macchinista rischia di distrarsi dal percorso e dai segnali».
È quanto accaduto l’altroieri a Roccaraso?

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