In Val d’Ayas sulle tracce del profumo del legno

Piccoli rifugi dove tornare ai sapori di una volta, luci e paesaggi non inquinati dalla civiltà. E sentieri che fanno riscoprire le vette sopra Aosta

Lorenzo Scandroglio

Prosegue la serie di reportage-proposta che la pagina Montagne del Giornale dedica alle grandi montagne con i volti, le storie, i luoghi, le indicazioni pratiche per raggiungerli. Dopo aver lasciato la Valdossola, in Piemonte, siamo andati in una delle sette valli del Monte Rosa: la Val d'Ayas, in Val d'Aosta.
La gerla di Dina

È lì appoggiata fra le fascine di legna inumidite dalla rugiada del primo mattino d'estate la gerla di Dina. Piccole perle d'acqua brillano su una ragnatela e, dai ceppi, spunta un numero datato 1996 della rivista Alp. Un articolo dello scrittore e guida alpina Alberto Paleari ci riporta indietro di 10 anni, nella storia della vita spezzata di un alpinista ex pugile di Vergiate scomparso nel canalone Marinelli, sul Monte Rosa. Restiamo lì per qualche minuto, come assorti, a figurarci quella grande parete, la est del Rosa, e rivediamo i volti di coloro che non sono più tornati, quello dell'alpinista-musicista Ettore Zapparoli e quello dell'amico Marco di Verbania scivolato, all'inizio di questa estate, direttamente dal Marinelli all'Ade. «Ha visto che bella mattina fresca?» ci interrompe una voce tremolante e luminosa. Ci voltiamo e vediamo un'anziana signora, curvata dagli anni e da troppe fatiche ma percorsa da una vitalità che viene dalla terra e affiora negli occhi. Di fronte a noi c'è Dina, avremmo saputo poi, nata e vissuta in quel luogo senza aver mai preso la funivia per scendere in paese, senza aver mai visto il mare. Stavamo salendo a piedi da Champoluc, comune di Ayas, in una delle valli più ampie e assolate della Val d'Aosta, per raggiungere la frazione di Crest, su un sentiero che incredibilmente riesce a tenersi appartato dalla pista da sci, quando quella combinazione di gerle e rugiada ci aveva fermato in un crocicchio, fra alcune grandi baite Walser, la popolazione alpigiana nota per le stupende architetture lignee delle abitazioni.
«Dove siamo qui?» chiediamo un po' intimiditi. «A Frantze, e quella là sopra - risponde Dina indicando un gruppo di case poco oltre un pendio erboso - è Crest». Ci mettiamo poco a capire che Dina è il genius loci della Valle, simbolo e realtà di un mondo che scivola via, pian piano, ma che non ha rinunciato ai suoi rituali e abitudini, anche di fronte al turismo dello sci, all'elettricità, all'acqua calda corrente nelle case, che scorre in quelle baite così vicine e così lontane di Crest. Già perché lei è nata lì, ci dice, nella baita della zia, è sempre scesa a piedi in paese a prendersi la bombola del gas con la gerla, non ha l'acqua in casa e vive ancora come vivevano le genti di montagna due secoli fa. Ma chi la va a trovare sono i ragazzi di oggi, come la guida alpina Marco Spataro o i ragazzi del Monte Rosa Ski, che da quando le spalle e le gambe di Dina si sono indebolite, portano su la bombola con gli impianti. La vanno a trovare senza il volgare senso del folklore o del fenomeno da baraccone. Con l'affetto che lega le persone nella frequentazione quotidiana.
Il rifugio Vieux Crest

Salutiamo Dina e saliamo a Crest, presso la stazione a monte della cabinovia di Champoluc, dove il vecchio forno della comunità (in cui si faceva il pane una volta all'anno) subisce l'offesa del tempo piegandosi sempre più alla legge di gravità. Qui si trova la locanda-rifugio Vieux Crest, apoteosi insieme raffinata e semplice del legno. Accoglienza allo stato puro, per la vista e per il palato. Alberto e Sarah lo gestiscono, il piccolo Pietro li distrae. Organizzano stage di judo e, durante l'estate, cucinano anche per i clienti di passaggio.
La globe trotter

L'indomani raggiungiamo, restando in quota, il rifugio Ferraro, sopra St. Jacques. Alcuni giovani intagliatori del legno stanno modellando, con precisione amanuense, gli sabò, gli zoccoli che i valdostani ancora oggi indossano con gran sollievo nella vita domestica. Fausta Bo e Stelio Frachey gestiscono il rifugio che domina Resy, un altro villaggio Walser. Noi vi siamo arrivati da Crest ma ci sono anche la teleferica e il sentiero che salgono direttamente da Saint Jacques. Qui è Fausta a stupirci. Rifugista e camminatrice, approfitta delle chiusure del rifugio per portare avanti una collezione tutta sua, testimoniata dalle foto che campeggiano sulle pareti della sala da pranzo: quella dei campi base degli ottomila in Himalaya.
Aria sottile e buona cucina

Per concludere con l'alta montagna, e l'alta cucina tipica, sul versante opposto della valle si può raggiungere, sia a piedi che accompagnati in 4x4 dal gestore Giuseppe Merlet, il più «alpinistico» dei rifugi toccati durante il nostro «viaggio» in Val d'Ayas: il Grand Tournalin.
Info utili

Rifugio Vieux Crest (1935 m) - tel. 339.3864122 - aperto tutto l'anno. Rifugio G.

B Ferraro (2006 m) - tel. 0125 307612 - apertura: 15 maggio - 30 settembre. Rifugio Grand Tournalin (2600 m) - tel. 0125-307003 - apertura: 15 giugno - 15 settembre. Info: www.una-montagna-di-rifugi.com
lorenzo.scandroglio@tin.it

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