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Valli seduce Parigi con la donna sognatrice vestita anni Cinquanta

Daniela Fedi

da Parigi

Di che cosa parliamo quando parliamo di creatività? È la domanda del giorno ai piedi delle passerelle di Parigi dove ieri sono andate in scena le sfilate di un emergente come Giambattista Valli e di un maestro della moda concettuale come Martin Margiela in contrapposizione con il faraonico show di Chanel nella galleria in ferro e vetro del Grand Palais. C'è stato inoltre il defilé di Christian Lacroix, così fresco e gioioso da rassicurare i fan di questo artista del colore sulla sua tenuta emotiva oltre che professionale nonostante il definitivo divorzio dal Gruppo Lvmh. «Per l'azienda riuscire a produrre una collezione così è motivo di orgoglio» ha detto Paolo Gerani, amministratore delegato del Gruppo Gilmar subito dopo l'impeccabile spettacolo offerto dalla moda di Giambattista Valli. Che profuma irresistibilmente di couture pur essendo prêt-à-porter, cioè prodotto industriale d'altissima qualità diretto a un pubblico tanto giovane quanto esigente. Il sapiente dosaggio tra belle forme sartoriali ispirate agli anni Cinquanta, accurate rifiniture e spettacolari decorazioni, non aveva quel vago sentore di polvere che in genere caratterizza lo stile da atelier. Eppure tutti i modelli denunciavano una feroce concentrazione creativa per tradurre in chiave moderna quella sognante immagine da ricca signora dell'alta borghesia che passa il suo tempo tra cocktail, grandi passioni e letture di Proust. Basterebbe un solo capo, il sublime top con i fiori ingabbiati nello chiffonn per far capire quanto Valli sia stato bravo. «Lo puoi infilare anche nel trolley e non si rovina» ha detto infatti lo stilista nel backstage mentre le modelle uscivano dai suoi bellissimi cappottini in «razmir» (il tessuto più prezioso dell'alta moda) per entrare nei soliti jeans con la stessa rinfrescante naturalezza.
Tutta diversa ma straordinaria in ogni sua parte la collezione di Martin Margiela, maison controllata dal Gruppo Diesel di Renzo Rosso. L'incontro tra l'esplosivo industriale italiano e il misterioso stilista belga che nessuno è mai riuscito a intervistare, ha dato impulso al business senza nulla togliere all'emozione creativa. Che da Margiela non manca mai: tra modelli finiti da una parte ma totalmente aperti dall'altra per tradurre in moda la magica dissolvenza cinematografica. «La creatività è il motore del business» ha dichiarato Renzo Rosso spiegando che in soli tre anni di «messa a punto della macchina Margiela» la griffe è passata da 20 a 32 milioni di euro fatturato. «Parlare con Martin mi apre la mente» ha concluso Mister Diesel annunciando l'imminente ingresso del marchio nell'alta moda (la collezione Artisanal verrà presentata il prossimo gennaio durante le sfilate della couture parigina) e spiegando con giustificabile orgoglio l'iniziativa del ministro della cultura francese che ha offerto cinque finestre del suo ufficio al Palais Royal per un'esposizione dei modelli di Margiela al pubblico parigino.
Al momento non esistono dati sulla cifra di affari di Christian Lacroix la cui griffe è oggi controllata dalla famiglia Falic che regna sul business dei duty free.

Eppure l'incredibile serie di abitini stampati a motivi che vanno dai grandi fiori ai fiorellini provenzali, dai motivi dei giardini inglesi ai disegni cashmere in versione acquatica, è tutta da mettere. Quindi vendibile, qualità che in questa stagione le creative passerelle di Parigi inseguono allo spasimo.

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