Paolo Giordano
nostro inviato ad Ancona
Intanto lui celebra il suo rito e chisseneimporta se minaccia pioggia, c’è un’umidità da palude tropicale e qualcosina di questo benedetto show deve ancora fare rodaggio. Ancona, Stadio Conero, ben più di trentamila hanno battezzato ieri sera questo ‘Live Kom ‘011’, dove il Kom è lui, Vasco Rossi, e il live è sempre quella roba là, intensa da copione e stavolta anche kolossal perché il palco è così smisurato che in cima gli hanno dovuto applicare le luci segnaletiche per allertare gli aerei. Gli esperti lo hanno definito “triamidale”, per distinguerlo da tutti gli altri che di solito sono rettangolari.
Insomma: oltre 50 metri di altezza e 940 metri quadri di superficie, 24 fiamme alte nove metri l’una, due Ford Taunus tirate su dalle gru del palco durante ‘Vivere non è facile’, in poche parole uno spettacolo di caratura internazionale che a San Siro (16, 17, 21 e 22 giugno) sfoggerà pure un equilibrista a mezz’aria su di un cavo durante ‘Interludio’. “Lavorando in preda alla massima tensione, il funambolo sul cavo esegue esercizi che hanno lo scopo di creare una sensazione di libertà illimitata”, ha scritto una volta Paul Auster. Vasco ha i piedi ben piantati per terra ma ha lo stesso scopo, la stessa ansia, quasi: libertà, libertà a modo suo. “Bisogna avere il coraggio di rischiare” ha detto introducendo ‘Vivere o niente’. Perciò, giusto parlando dello show prima di arrivare in scena, aveva assicurato che sarebbe stato decisamente “un concerto completamente diverso da tutti gli altri” e pazienza se naturalmente ha mentito un po’.
Il concerto è un concerto di Vasco Rossi, punto e basta. Cambiano le canzoni, certo: e stavolta l’ultimo disco ne impone in scaletta ben nove (su dodici) a partire dalla prima, Sei pazza di me, e compresa l’improbabile Manifesto futurista – improbabile perché difficile da eseguire dal vivo – che non a caso viene dopo “Siamo soli”. La solitudine. Anche se è in mezzo a una band spaccatutto e davanti a un pubblico che se potesse lo abbraccerebbe, Vasco è solo anche qui, sotto il cielo nero, impegnato a replicare se stesso perché non sia mai che il re del rock deluda le attese, e a tenere sotto controllo quel tardivo cinismo esistenziale che gli vieta la Fede e lo rinchiude nel suo mondo di uomo stravissuto. E allora quando attacca ‘Giocala’, ripescata dall’83, il famoso “corri e fottitene dell’orgoglio” suona un bel po’ diverso da com’era. Era un grido di autonomia, diciamo quasi punk. Adesso è un invito a resistere, a metter da parte la lezioncina borghese che a 59 anni gli imporrebbe di metter forse un abito da sera al suo rock o, quantomeno, di tornar presto alla notte, seguendo le convenzioni più superficiali.
E così, vestito come un guerrillero con jeans e giubbotto di pelle (e poi mimetico), Vasco fa sul serio il funambolo e lo fa come può farlo un uomo non sposato che l’altro giorno ha sposato il suo chitarrista Stef Burns (con Maddalena Corvaglia): rimane pericolosamente in equilibrio sulle regole. Picchia duro, perché il concerto è un bel carico da novanta, e il neo sposo s’intende ormai alla perfezione con il bassista Claudio Golinelli e il batterista Matt Laug. Ma vola anche alto, mantenendo la voce più continua e potente del solito e comiziando come mai prima. Dopo ‘Alibi’ e prima della ‘Fine del millennio’ ha detto pari pari: “Il fermo di polizia è passato da 24 a 48 ore e non ti fanno neanche avvisare tua mamma a casa, altro che telefonata all’avvocato come nei telefilm americani. La libertà non è garantita e il neanche il governo ci garantisce la vita”.
Per farlo tornare giù per terra, questo scatenato Vasco, bisogna attendere che prenda la chitarra acustica e si piazzi in mezzo al palco a suonare il medley di ‘Incredibile romantica’ e ‘Una canzone per te’. E sapete come va, in questi casi: Vasco canta sempre meno.
A farlo è il pubblico, un coro interminabile che lui talvolta dirige come fosse un maestro d’orchestra perché in fondo uno così, tutt’uno da trent’anni con la propria gente, va avanti anche “Senza parole” (che chiude prima dei bis). Il resto è identico. Vita spericolata e Albachiara. Volendo, è “l’andate in pace” della più sublime e imperfetta messa del rock italiano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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