RomaLui no, non le ha mai fatte certe predicozze. Non ha mai mischiato il suo inchiostro allincenso censore. Non hai mai sguazzato nel velinismo e se il suo giornale argomenta di Papi, lo fa per parlare di Pontefici e non di Silvio. E ora catechizza la sua opzione così: «È vero, sulle vicende private di Berlusconi non abbiamo scritto una riga. Ed è una scelta che rivendico perché ha ottime ragioni».
Parole di Giovanni Maria Vian, storico e giornalista, direttore dellOsservatore romano, quotidiano della Santa Sede. Una presa di distanza forte e chiara dalla linea editoriale di Avvenire, il foglio della Cei guidato da Dino Boffo. Impermeabile alla stampa-monnezza, Vian vola alto. Ma qualche volta plana per mettere i puntini sulle «i», per precisare, chiarire, puntualizzare.
Lo ha fatto ieri, in un colloquio con il Corriere della Sera. «Il quotidiano della Santa Sede non è solito entrare negli scontri politici interni dei diversi Stati, a cominciare dallItalia. Preferiamo dedicarci ad analisi di ampio respiro, piuttosto che seguire vicende molto particolari, controverse e di cui spesso sfuggono i contorni precisi come quelle italiane degli ultimi mesi». E lampio respiro non è mai diventato il biasimevole alito per censurare comportamenti umani, siano essi di un premier in carica.
Tuttavia, di cose terrene parla eccome, Vian: sottolineando che certi scritti di Avvenire non sono stati proprio benedetti Oltretevere. «Non sè forse rivelato imprudente ed esagerato paragonare il naufragio degli eritrei alla Shoah, come ha suggerito una editorialista del quotidiano cattolico?». Due le bordate di Vian. La prima: «Anche nel mondo ebraico sono state sollevate riserve su questa utilizzazione di fatto irrispettosa della Shoah». La seconda: «E come dar torto al ministro degli Esteri italiano quando ricorda che il suo governo è quello che ha soccorso più immigrati mentre altri, proprio sugli immigrati, usano di norma una mano molto più dura? Mi sembra davvero un caso clamoroso, nei media, di due pesi e due misure».
Laltra planata su cose immanenti giorni fa, quando lOsservatore Romano bacchettò Repubblica e il «suo» teologo Vito Mancuso. Il quale, scrivendo che «nella Chiesa antica la penitenza era una cosa seria», aveva criticato il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone per aver deciso di sedersi al tavolo con Berlusconi (pranzo poi saltato), a conclusione della festa della Perdonanza. Meglio sarebbe stato - il pensiero del teologo - una scudisciata sulla schiena del premier-peccatore. E lOsservatore a punzecchiare Repubblica: «Cè chi vorrebbe una Chiesa sempre pronta alle pubbliche condanne invece che alla cura individuale delle coscienze. Alla Chiesa si chiede proprio il contrario di quello che è un comportamento morale: la condanna del peccatore ma non del peccato. Questo sì sarebbe una prova di nichilismo e di coinvolgimento partigiano in vicende politiche contingenti: proprio quello che invece Benedetto XVI e il cardinale Bertone cercano di evitare».
E pure sulle supposte crepe tra governo e Vaticano, Vian sgombra il campo da malevoli letture: «I rapporti tra Italia e Santa Sede sono buoni». Però il Cavaliere diserta lincontro con Benedetto XVI in occasione della visita a Viterbo, schiuma la schiera di chi sogna una scomunica papale del premier. E Vian precisa: «Berlusconi è stato il primo a chiarire che non sarebbe andato a Viterbo, quando ha capito che la sua presenza avrebbe causato strumentalizzazioni». E ce nè pure sul presunto strappo in occasione della citata festa della Perdonanza allAquila: «Quanto alla rinuncia del presidente del Consiglio, che è stato rappresentato da Gianni Letta, si è trattato di un gesto concordato, di responsabilità istituzionale di entrambe le parti».
E poi, sulla vicenda Boffo, il giudizio di un altro Fedele, con la «F» maiuscola, però: Confalonieri. Il presidente Mediaset saccheggia proverbi laicissimi: «Chi di spada ferisce di spada perisce. E poi... Chi la fa laspetti.
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