Un vecchio gangster fa esplodere la casa Arrestato per strage

L’altra notte, com’era già accaduto tanti anni fa, alla fine Renzo Barovier, 70 anni e una valanga di precedenti alle spalle, è crollato e ha confessato. «Dovevo essere sfrattato perché l’appartamento dove vivo, all’ottavo piano di via delle Genziane 7, fa parte di un’asta giudiziaria dell’immobile», ha detto stanotte ai poliziotti che l’avevano portato in questura dopo averlo rintracciato poco lontano da casa. «Così ho aperto la bombola del gas e ho acceso delle grosse candele, quindi sono uscito».
Lo scoppio avvenuto domenica sera nell’abitazione di Barovier al Lorenteggio - mentre l’abitazione era vuota, e che aveva coinvolto altre due abitazioni rendendole inagibili - avrebbe potuto provocare una strage. Ed è questo, infatti, il reato del quale la polizia accusa il pregiudicato, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine e un tempo molto ben inserito nella piccola mala milanese. Subito dopo lo scoppio, avvenuto intorno alle 20.40, gli abitanti del palazzo di via delle Genziane hanno abbandonato terrorizzati le loro abitazioni (una donna ha riportato anche delle lievi escoriazioni). Tuttavia, nonostante lo choc subito, i residenti non hanno avuto dubbi a imputare la responsabilità di quel gesto a Barovier. «È stato lui a causare quello scoppio, l’ha fatto per sgarbo». La relazione dei vigili del fuoco, poi, ha sciolto ogni possibile dubbio: lo scoppio era doloso.
Così, dietro indicazione dei vicini, che hanno descritto l’abbigliamento di Barovier indicando anche da che parte si era diretto quando l’avevano visto uscire poco prima della deflagrazione, gli agenti non hanno faticato a trovarlo: Barovier era poco lontano da casa, per strada, all’angolo tra via Inganni e via Zurigo. Da lì il trasporto dell’uomo in questura e, quindi, nella notte, la confessione.
Così, mentre per gli sfollati degli altri due appartamenti coinvolti dall’esplosione il Comune ha già trovato un alloggio provvisorio, gli investigatori ricostruiscono la figura di Barovier. Nel novembre del 1992, a 53 anni, quando in via delle Genziane con lui vivevano ancora la moglie e i figli (ora è divorziato e abita da solo) Renzo Barovier confessò di aver ucciso, fornendogli una dose «taroccata» di eroina, il complice Roberto Capra, allora 27enne, che lo aveva aiutato a rapinare il gioielliere Angelo Villa, 55 anni, morto durante il colpo.
Barovier, infatti, aveva ingaggiato Capra per rapinare una manciata di monili d’oro a un suo amico orafo raccomandandosi però «di non fargli troppo male» perché era un suo «amico».

Poi, quando Villa era morto - stroncato da un infarto durante la rapina, nel suo laboratorio di oreficeria in via delle Foppette a Porta Genova, per essere stato legato e picchiato brutalmente da Capra, deciso a fargli aprire ad ogni costo la cassaforte - Barovier aveva architettato la perfida e atroce vendetta ai danni del complice, eliminandolo con una bustina di eroina tagliata per uccidere.

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