Il velo islamico scatena la guerra in Comune

La giunta della sala rossa non ritiene preoccupanti gli insulti dell’imam

Il velo islamico scatena la guerra in Comune

(...) della moschea di Segrate al nostro onorevole, respingendo la mia richiesta».
La Giunta della sala rossa probabilmente non ritiene preoccupanti frasi di questo tenore: «Lei è un'ignorante - ha detto Abu Shawaima alla Santanchè -. Lei è falsa, semina odio, è un'infedele».
Poco importa alla Giunta di Palazzo Tursi se l'onorevole di Alleanza Nazionale ora è sotto scorta per aver difeso la libertà delle donne musulmane affermando: «Il velo non è un simbolo religioso e non è prescritto dal Corano».
Anche in questa circostanza, tra i banchi dell'opposizione e della Giunta, il «copricapo» delle incomprensioni resta sollevato. Ma è bastata un'interrogazione dei capigruppo di An, Forza Italia e Lega Nord a riscaldare la sala rossa.
«Il Comune continua a liquidare la questione come un fatto puramente amministrativo - dice l'azzurro Giuseppe Costa -. Ma è necessario capire che la moschea non è un semplice luogo di culto, bensì un aggregato sociale ad alta valenza politica. Non dobbiamo far finta di nulla perché da parte dei nostri concittadini la preoccupazione è alta».
«Abbiamo chiesto ormai da tempo - accusa Edoardo Rixi, capogruppo del Carroccio - che la questione approdasse ad un referendum o per lo meno che se ne parlasse in un dibattito aperto al pubblico.
Nulla è stato fatto. Ora si discute sul nuovo possibile sito in prossimità di corso Perrone, ma quell'area non è edificabile senza una modifica al Piano Regolatore. Vorrei che il Sindaco mi rispondesse».
Giuseppe Pericu però, da grande maestro di dialettica, è riuscito a trovare una scorciatoia fatta di «diplomazia».
«Le soluzioni sono ancora da definire - ha detto -, quando saranno definite, e solo allora, le porteremo in consiglio comunale».
Moschea, no grazie. E a dirlo sono i consiglieri d'opposizione, i corniglianesi e persino il capogruppo dei DS Rino Lecce.
«A Cornigliano guerre di religione non ne vogliamo - sostiene -.
Non siamo razzisti, ma una moschea è un luogo di culto inesplorato, una cosa nuova».
«Credo che dopo l'11 settembre - aggiunge Roberto Delogu dei Comunisti Italiani - ci siano più spie e microspie nei luoghi di culto che topi sotto le strade di Genova».
Ma se c'è chi dice no alla moschea, c'è anche chi sparge miele a volontà.
«Le paure annebbiano la vista - sostiene serafica Maria Rosa Biggi della Margherita -. Bisogna superare i pregiudizi perché ormai viviamo in una società multiculturale, multietnica, multireligiosa».
La consigliera riserva parole «buone» anche nei confronti dell'Ucoii, l'unione delle comunità e associazioni islamiche in Italia: «È un'associazione democratica che non ha firmato la carta dei valori solo per questioni di metodo».
Apriti cielo. Fulmini e saette dai banchi dell'opposizione. «Basta! È inammissibile», urla Giuseppe Cecconi di Forza Italia. «Fate mettere sotto scorta anche lui», punzecchia Franco Maggi dei Ds.


«Non avrei mai pensato vent'anni fa - aggiunge Sergio Castellaneta di Liguria Nuova - che saremmo arrivati un giorno ad alzare la voce e a perdere tempo su: velo sì, velo no, moschea sì, moschea no».
Già, nessuno avrebbe pensato che in così poco tempo si sarebbe arrivati ad avere paura, a subire minacce e ad essere messi sotto scorta per aver difeso la libertà delle donne musulmane.

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