Veltroni punta sui giovani poi affida il Lazio a Scalfaro Pannella insiste: voglio il Pd

da Roma

Il capogruppo dei senatori di An Altero Matteoli ha pensato ad un errore di stampa leggendo il comunicato del candidato numero uno alla guida del Pd, Walter Veltroni. Nella parte in cui si riportano i nomi di tutti coloro che «sosterranno la sua candidatura a leader del Partito Democratico affiancando l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che nei giorni scorsi aveva accettato la guida del Comitato di Roma e del Lazio». E certo si fa un po’ fatica a mettere insieme un testimone della gestazione della Repubblica con i proclami che hanno accompagnato la nascita del Pd. In cui la parola «nuovo», declinata in ogni forma e sinonimo, è stata spesa senza risparmio da tutti i candidati. Primo tra tutti lo stesso Veltroni, che del taglio netto col passato e coi guasti della «politica ante Pd» ha fatto la bandiera della sua discesa in campo. Adesso sarà curioso vedere come il sindaco di Roma spiegherà ai diciottenni (elettori) che il loro futuro è «coordinato» dal passato.
I dolori dei candidati
È di ieri pomeriggio il grido accorato d’allarme di Rosy Bindi. Il tema è il costo dell’obolo che ogni elettore deve pagare per partecipare alle primarie del 14 ottobre. «Il versamento di cinque euro per votare - spiega - rischia di frenare la partecipazione spontanea e popolare». Un problema, sottolinea, «tra i più sentiti e sollevati dai cittadini e in particolare dai pensionati e da tante famiglie». E mentre propone una cifra simbolica per «permettere a tutti di essere protagonisti del nuovo progetto», ai compagni d’avventura ricorda che «la capacità di attrarre e riconquistare consensi e fiducia passa anche attraverso un approccio meno mercantile alla formazione dell’assemblea Costituente». Invece sente odore di inciucio Enrico Letta, che pur con equilibrio, non si nasconde dietro ad un dito: «Ci sono delle regole - spiega - e vanno rispettate. Ma la complessità di quelle adottate sembra fatta apposta perché ci sia un candidato unico, in quanto crea molti ostacoli per gli altri». Lo dice in radio a Baobab rispondendo ad una domanda sull’esclusione di Di Pietro e di Pannella dalla corsa al Pd.
Pannelliade
Al «volemose bene» di Romano Prodi, Pannella risponde presentando il ricorso (annunciato) contro l’esclusione dalla corsa per la guida del partito Democratico. Un documento che ieri ha consegnato di persona al collegio dei garanti (che si pronuncerà domani) insieme al suo legale, l’avvocato Giuseppe Rossodivita. Due le motivazioni del ricorso. In primis l’esame delle firme, in cui l’ufficio tecnico-amministrativo avrebbe dovuto limitarsi a valutare la regolarità delle sottoscrizioni e della documentazione mentre, sottolinea Rossodivita, «è andato oltre, facendo una valutazione politica». Il secondo aspetto, invece, legato allo scioglimento dei partiti di provenienza. Un obbligo, secondo la segreteria del Pd, a cui Pannella non ha provveduto; un arbitrio, per Rossodivita, dato che «il regolamento non lo prevede», con una interpretazione che di fatto va «oltre le regole». A questo punto, se la richiesta di riammissione dovesse essere respinta, ha affermato il legale, «richiederemo la sospensione delle primarie».

Piero Fassino, intanto, ricordando la freddezza dei radicali verso il Pd, definisce «una stravaganza» la candidatura di Pannella, non riuscendo a capire «il fatto di voler concorrere alla leadership di un partito in cui non si è creduto, non si crede e alla cui costruzione non si è concorso». Ma gli risponde il leader radicale: «Se me lo chiedono, io vorrei entrare nel Pd».

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