da Milano
Quelli della Confcommercio restano seri. Sì sa, l’ospite è sacro. E, dunque, non scappa neanche una risatina di cuore quando Walter Veltroni afferma che «era un altro centrosinistra» quello che si proponeva al Nord. Come dire: che Walter non è responsabile della crisi, dell’incidenza fiscale sulle imprese e che, in soldoni, sull’allarme recessione lanciato da Confcommercio, lui, non c’entra niente. Anzi, «ora è un centrosinistra riformista che vuole spingere il Paese a crescere, che ha una politica fiscale moderna che vuole rompere le incrostazioni burocratiche».
Così, nella sua seconda giornata al Nord, Veltroni, al parterre di Villa d’Este racconta quello che il Partito democratico sa fare, dal taglio della spesa pubblica di mezzo punto agli interventi «corposi» su salari e stipendi con tanto di «riduzione» delle aliquote. Ammette, bontà sua, che «ridurre la spesa pubblica di cinque punti» come proposto da Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, è «difficile da applicare a breve». «Si può però togliere mezzo punto il primo anno e poi un punto negli anni successivi: è un impegno gigantesco» - confida Walter -, «impegno per il quale occorre fare tante cose come attuare una vera e propria semplificazione in vari campi, portando anche a una riduzione del costo della politica, diminuendo il numero dei parlamentari e rivedendo il finanziamento ai giornali di partito».
Al forum di Confcommercio non interrompono l’intervento del leader del Pd, ma a troppi sembra che stia rileggendo con qualche licenza il programma economico e fiscale del Popolo della libertà. «Siamo liberi dai condizionamenti» tiene a sottolineare Veltroni, che tenta evidentemente di nascondere i contributi economici e fiscali del duo Bersani and Visco: «Per uscire dalla crisi vale un solo principio “pagare tutti per pagare meno”». Ma a far sobbalzare sulle poltrone quelli di Confcommercio e i loro ospiti è un’altra uscita di Walter: «Servono misure anticicliche per rafforzare le piccole e medie imprese, misure coma la riduzione delle aliquote e un intervento su salari e stipendi, quelle occasioni che sono andate perdute qualche mese fa». Sarebbe però tempo perso fargli notare che lui, «qualche mese fa», aveva a che fare con chi governava il Paese: Veltroni in new version annota che «un patto per lo sviluppo è urgente, necessario e probabilmente doloroso».
Aggettivo che il Nord, i cittadini e le imprese conoscono e vivono quotidianamente sulla propria pelle, anche sul fronte delle infrastrutture dove Veltroni scopre che «ci sono tra 171 e 193 opere bloccate, da cui dipende la competitività delle imprese» e, quindi, «bisogna affermare il principio» che gli studi di valutazione sugli impatti ambientali «arrivino in tre mesi e non in anni» perché «è necessario mettere tempi certi».
Lezioncina davvero sorprendente davanti alle piccole e medie imprese messe in ginocchio dalla politica di Romano Prodi e che reclamano più spazi di libertà e non aiuti o protezioni. Sostantivi che sono parte integrante, viva del vocabolario di Veltroni e che, parola sua, tra «qualche giorno» presenterà «una proposta sull’aumento delle pensioni» perché ha scoperto che «il problema del potere d’acquisto delle pensioni è molto sentito e noi dobbiamo affrontarlo anche se è un problema gigantesco dal punto di vista finanziario».
Promessa di miracoli messi a punto nottetempo, magari sul bus che lo scorrazza lungo le strade della Lombardia o di Milano. Che, lui, garantisce di amare: «Io amo Milano, questa città.
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