Roma - Antonello Venditti, oggi esce il suo nuovo cd. Già il titolo rende l’idea del viaggio: Dalla pelle al cuore.
«È un viaggio all’interno di se stessi».
Nel suo caso?
«Da Antonello il cristiano a Venditti il comunistaccio, il laico».
Molto impegnativo.
«E soprattutto doloroso, visto che si va dall’emozione, la pelle, al sentimento, il cuore. Nell’album ci sono cinque canzoni d’amore e poi due brani che sono il punto di svolta, Tradimento e perdono e Giuda».
Addirittura Giuda.
«L’unico che non è mai stato perdonato e invece dovrebbe essere fatto santo: anche grazie a lui si è compiuto il disegno di Dio».
Ma insomma, Antonello Venditti è nel bel mezzo del cammin e lasciatelo allargare i suoi confini. Sarà per questo che oggi, a cinquantotto anni, dice che «ora siamo noi i nostri padri: loro ci hanno fatto diventare grandi attraverso Chiesa e Pci, però adesso non bisogna averli più come fardello, come limite». Ma che fatica: Venditti è così, procede a zig zag tra gli opposti estremismi e talvolta gli riesce di dire cose che non t’aspetti ripensando a quel Venditti che tanti anni fa, nel 1971, divise con De Gregori un album imperdibile, Theorius campus. Tipo: «Oggi il mondo sembra sempre più lontano da Cristo».
Quindi è più vicino alla pelle che al cuore.
«L’uomo oggi è solo davanti a se stesso. E io riscopro l’idea di Gesù e credo nella redenzione e nel perdono. L’uomo è traditore e lo diventa al massimo livello quando tradisce il suo ideale».
Ecco perché c’è un brano che si intitola Comunisti al sole (con Carlo Verdone alla batteria).
«Ma quella canzone non ha alcun significato politico».
Allora lo spieghi.
«Il comunista al sole è un poveretto che vuole essere Briatore, un muratore che è bruciato dal sole ma sogna di avere l’abbronzatura perfetta».
Perciò lei canta: «Resta sempre uguale a come sei». Nostalgia?
«No, solo bisogno di non snaturarsi. Il comunismo è un sogno ma se poi penso a Pol Pot o a Ceaucescu oppure alla Cina, che è la negazione del comunismo, capisco che nessuno lo ha mai applicato davvero. D’accordo, c’è Chavez, che è l’unico che abbraccerei, però... In Italia c’è Rifondazione comunista: ma che devi rifondà, lo devi fare daccapo».
Appunto, nostalgia.
«No, io non ho mai scritto canzoni apologetiche, non devo fare marcia indietro».
Oggi scrive brani come La mia religione.
«La mia religione è quella confluenza che politicamente è rappresentata dal Partito Democratico, la fusione tra le culture della Chiesa e del Partito comunista».
A proposito: dopo che avete espresso voti diversi sul leader del Pd, ha sentito De Gregori?
«Non lo sento da un anno e mezzo. Non capisco che tipo di percorso stia facendo. Aspetto una sua telefonata, forse ha bisogno di un amico».
Torniamo al disco. Il brano Piove su Roma (con Gato Barbieri al sax) è di tremenda attualità. In questi giorni su Roma c’è un acquazzone di polemiche e violenza.
«Ma io mi riferisco alla bellezza della città e all’amore che provo per lei. Certo, l’altro giorno, durante i funerali del tifoso Gabriele, Piove su Roma era la canzone giusta».
Lei è un romanista di ferro.
«E quello è un pezzo pieno di speranza, dell’idea di giustizia e di voglia di vivere».
Più o meno le stesse parole dell’omelia in chiesa.
«Gabriele era una persona bellissima. Intorno al suo caso c’è stata una disinformazione pazzesca che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone. Bastava scorporare il fatto, gravissimo e tragico, da quello sportivo».
Per ore non è stato fatto.
«Per coprire la verità, sono state dette altre bugie. E quando uno non ha la percezione della verità, vuol dire che non sa governare.
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