«In quella fabbrica siete solo bulloni e numeri». Ecco il conflitto di classe secondo Nichi Vendola che assieme ad Antonio Di Pietro e al responsabile economico del Pd Stefano Fassina ha scelto le pagine dell’ Unità per rispondere alla lettera aperta degli operai di Pomigliano pubblicata dal Giornale . La lirica vendoliana trasuda una mistica veterocomunista che nelle comparsate pubbliche del governatore pugliese viene nascosta dall’abilità affabulatoria. L’ incipit è ridondante. «Cari amici di Pomigliano, mi addolora vedervi “ usati”così,e su quel quotidiano padronale», esordisce Nichi che si rivolge ai lavoratori ammonendoli sulla «curiosa e paradossale polemica contro la sinistra e contro la Fiom, rei di non subire il contratto- capestro della Fiat». È, soprattutto, una questione di cattiva coscienza ( sarebbe meglio dire di «autocoscienza ») degli operai di Pomigliano. «Voi- scrive Vendola- non riuscite a rappresentare la strategia di Marchionne come una profezia del moderno perché comunque siete ingabbiati in quella fabbrica in cui siete solo bulloni e numeri, non persone né tantomeno classe. In cui il contratto sarà un negozio privato tra voi, piccoli e soli, e un padrone multinazionale». Un posto dove «la lotta e lo sciopero, strumenti sovrani della civiltà e della democrazia, vengono oggi messi al bando».
Per il leader di Sel «è tutta qui la tragedia del nostro Paese » nel quale il potere arrogante del capitale vuole gli operai «piegati e rassegnati». E meno male che premette un bel «non sono contro di voi» altrimenti ci sarebbe stato da attendersi una denuncia alla Commissione per la morale rivoluzionaria. L’aspirante candidato premier del centrosinistra alle prossime politiche ha rivelato una sconfortante mancanza di pragmatismo. Ricadendo nel peccato originale del vecchio Pci che difettava di capacità autocritica. Secondo Nichi, infatti, non è la sinistra ad aver sbagliato qualcosa nell’analisi, ma sono gli operai a non capire, a errare, a non essere «classe» per usare il vecchio armamentario ideologico. Il governatore, infatti, non si rivolge agli operai in carne ed ossa che hanno scritto e sottoscritto la lettera al Giornale ma parla all’operaiomassa immaginario del secolo scorso. Non si rivolge a coloro che hanno scelto di dire sì alla proposta di Sergio Marchionne per 360 euro lordi annui di retribuzione in più, ma a delle entità indistinte. Non si rivolge a coloro che hanno accettato di lavorare con un aumento dei turni per guadagnare fino a 300 euro al mese in più in busta paga, ma ai sostenitori del vecchio contratto nazionale e delle vecchie gabbie.
Vendola ha abdicato a qualsiasi possibile riformismo in virtù della dottrina che predica il conflitto tra capitale e lavoro come motore della Storia. Da questo punto di vista, anche la lettera di Antonio Di Pietro appare sbiadita. L’ex pm non riesce ad abbandonare nemmeno per un attimo la demagogia e incomincia addebitando al governo Berlusconi la responsabilità delle «mancate scelte di politica industriale ». Non manca la tirata da comizio sulla proposta di legge dell’Idv per regolare la rappresentanza nelle aziende dei lavoratori «consegnando il potere di decidere ai lavoratori e non alle burocrazie sindacali». L’intesa? «È sbagliata e ricattatoria» e la Fiom ha fatto bene a non firmare. «Continueremo a lottare affinché Marchionne non possa smantellare pezzo dopo pezzo i diritti dei lavoratori», conclude. L’ex pm ha dato un altro saggio della propria visione peronista dei rapporti di lavoro e ha sostanzialmente appoggiato la scelta della Fiom di sottrarsi all’intesa.
Autoeliminata la minaccia- Fini sul versante giustizialista, ora il leader Idv ha un altro problema: non perdere troppo terreno a sinistra visto il crescente consenso nei sondaggi per la gauche «alle cime di rapa» di Vendola. Nichi e Tonino una scelta l’hanno fatta. Il Pd ancora no.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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