Venezuela, tre arresti senza movente

«Vogliono insabbiare tutto, i mandanti sono a piede libero», accusa il fratello della vittima

Gianluigi Nuzzi

«Il caso della morte di Elena rischia di finire insabbiato. Temo che le autorità venezuelane cerchino di risolvere alla svelta questo omicidio indicando gli esecutori materiali. Magari quattro disgraziati delle favelas. Ma i mandanti chi sono? E il motivo di quella missione punitiva? Faranno di tutto per chiudere questa storia in fretta senza approfondire». Vede nero Marco Vecoli, 30 anni, fratello minore di Elena, la ragazza uccisa in Venezuela dopo aver scelto l’arcipelago di Los Roques per la luna di miele. Mercoledì scorso, alle prime ore del giorno, un commando di tre, quattro persone è entrato nella stanza padronale della posada Lagunita, pensione di 7 camere, uccidendo la donna e picchiando il marito Riccardo Prescendi. Senza rubare denaro, ma solo una telecamera. Dai giornali venezuelani rimbalza la notizia del fermo dei tre presunti esecutori dell’assalto ma ai Vecoli importa poco: «Noi vogliamo la verità - continua Marco - e non crediamo alla pista della vendetta per motivi passionali». Di più non vuol dire.
Sia i familiari, sia la procura di Firenze attendono gli interrogatori delle tre persone fermate per individuare il movente di questo pestaggio finito con la morte di Elena. Se si è trattato di un errore di persona, come tutto fa sembrare, se cioè la banda era convinta di aver picchiato il proprietario della posada, Andrea Piccinni, visto che i Prescendi dormivano nella sua camera, bisogna capire chi li aveva incaricati.
Due le piste oggi più accreditate: quella passionale, visto che Prescendi aveva avuto una relazione con una donna legata a un uomo della sicurezza venezuelana (alcuni lo indicano come appartenente ai servizi segreti, altri a corpi speciali della polizia). Inoltre aveva già subito due aggressioni. La più recente a metà gennaio quando era finito in coma dopo un primo pestaggio, con un ematoma al cervello drenato in sala operatoria; l’altra un anno prima quando fu rapinato dell’orologio per strada. «Ma quello fu solo un caso», taglia corto Piccinni. L’altra pista conduce agli affari del Piccinni, ai suoi interessi tra Los Roques, l’Italia e Caracas e al fatto che Prescendi sia stato trovato incaprettato come se avesse compiuto uno sgarro. Di certo l’albergatore ora è impaurito: «Se torno o tornerò in Venezuela? - risponde Piccinni - Di certo non lo farò sapere. Né intendo parlare con nessuno».
Sia la salma di Elena, sia il marito Riccardo sono tornati ieri mattina in Italia. La vittima verrà sottoposta a nuova autopsia mentre Prescendi ha lasciato la clinica di Caracas e nel primo pomeriggio è arrivato a Firenze, via Francoforte, a casa della sua famiglia. Domani invece, amici e parenti si troveranno alle 14 e 30 nella chiesa dell’Ascensione del capoluogo toscano per il funerale. Le esequie saranno officiate da don Alvaro Guidotti, il parroco di Carraia che solo due settimane fa aveva unito i due giovani in matrimonio.

Al funerale, Adriano Vecoli, il padre della donna, non vuole fotoreporter e telecamere: «Vorremmo esser lasciati nel nostro dolore che è grande e di fronte al quale, credo, serva un po’ di rispetto da parte di tutti. Chiediamo che il funerale di nostra figlia si svolga senza giornalisti, né fotografi, né telecamere: non vogliamo che un momento intimo di commiato diventi pubblico».
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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