La verità friulana sulla zucca di Halloween

Mi duole disturbarla per una cosa così futile. Personalmente ho sempre detestato la festa di Halloween e chi partecipa a questa «cosa» così lontana dai nostri costumi. Data la mia idea sono rimasto esterrefatto quando ho saputo che durante una mostra felina alla quale intendevo partecipare con tre miei gatti ci sarebbe stata una gara per la più bella gabbia arredata con tema Halloween e ho di conseguenza annullata la mia iscrizione. Sono stato sgridato (seppur in maniera corretta ed educata) dall’organizzazione. Ma lei, scusi, cosa pensa di Halloween?
Gianfranco Goretti e-mail

Non fosse per quel «Dolcetto o scherzetto?», che con aria immancabilmente tonto-giuliva ti rivolgono gli adepti di «Jack-o’-Lantern», di Halloween, caro Goretti, non me ne importerebbe un fico secco. Vogliono intagliar zucche e metterle sui davanzali delle case? Prego, s’accomodino. D’altronde quando viene Natale non troneggiano nelle case abeti che sbrilluccicano di strass e di lucine, di ghirlande, festoni e palle (molte palle)? E allora, cosa sarà mai una zucca a Ognissanti? Tanto, in entrambi i casi le ricorrenze religiose risultano semplicemente un dettaglio, una data sul calendario, nient’altro: l’albero è lì per metterci sotto i regali, la zucca per autorizzare la bischerrima menata del trick-or-treat. Esercitata - e questo raccapriccia - anche dagli adulti.
Ma poi, cosa vogliono ’sti Celti con le loro zucche? Cosa credono d’aver inventato? Da molto ma molto prima che dagli States importassimo Halloween si tiene in quel del Friuli una Festa della Zucca che è tutto un tripudio di cucurbitacee. Si svolge (e anzi, si è svolta come da tradizione un paio di settimane fa) a Venzone, cittadina sul Tagliamento che lo spaventoso terremoto del ’76 sconquassò da cima a fondo, ma che come sanno fare solo i friulani è risorta più bella che pria. La parte medievale, il mirabile Duomo del Trecento in particolare, è stata ricostruita rimettendo insieme, elemento per elemento, i pezzi originali. Tecnica chiamata, sia detto per la completezza dell’informazione, anastiliosi. Bene, la venzoniana sarabanda zucchesca si celebra in memoria di un tiro mancino che risale ai secoli bui, allorché il patriarca Bertrando mise mano alla costruzione del Duomo. Avvenne che a lavori praticamente ultimati mancarono i soldi per l’ultimo tocco, la decorazione della guglia, artistico manufatto peraltro già commissionato a un mastro di Udine. Costui, ignaro che il committente si trovava in bolletta, dopo aver montato in vetta al campanile l’addobbo rappresentato da una palla dorata sormontata da una croce, passò in canonica per riscuotere il compenso. Allargando le braccia gli risposero che portasse pazienza, ma essendo finiti i bês, la grana, avrebbe dovuto accontentarsi di un quinto del pattuito. L’artigiano non fece una piega, però nottetempo sostituì la palla dorata con una zucca delle medesime dimensioni.

Nessuno se ne accorse fino a quando la zucca, maturando al sole, non cominciò dapprima a cambiar forma («Miracolo! Miracolo!») e quindi a perder pezzi che spiaccicavano, gialli e mollicci, sul sagrato. Solo allora i venzonesi s’accorsero d’esser stati gabbati e siccome la storia subito si riseppe, figuriamoci, si presero l’epiteto - tuttora vigente - di cagoçârs. Zucconi.

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