LA VERITÀ ROVESCIATA

Ho volutamente atteso due giorni per intervenire sulla visita genovese di Berlusconi. Aspettavo di vedere tutto, di leggere tutto, di ascoltare tutto. Per poi trarne le conclusioni. Così come hanno fatto i nostri lettori, che ci hanno tempestato di telefonate e di lettere su quello che è successo martedì sera. Alcune di queste lettere le potete leggere nella pagina seguente, altre le proporremo nei prossimi giorni.
Personalmente, quello che mi ha colpito è stato il ribaltamento della realtà di alcuni media e di alcune forze politiche, per i quali sembra che gli aggressori siano Berlusconi e i militanti azzurri e gli aggrediti coloro che manifestavano in piazza. La libertà di manifestazione è sacra, certo, ma quella di insulto anche? Li avete mai visti manifestanti della Casa delle libertà andare fuori da un comizio di Prodi, Fassino o Bertinotti e mettersi a urlare insulti? Avete mai visto ragazzi delle scuole adunarsi per urlare di tutto ai leader del centrosinistra? Siamo certi che sia questa la vera democrazia?
L’altra sera a Primo piano del Tg3 si è arrivati all’assurdo di un servizio in cui parlavano solo i ragazzi della facoltà occupata e venivano presentati come un campione rappresentativo di Genova, senza nemmeno una presa di distanza. Tanto che persino il solitamente cauto ministro Gianni Alemanno si è sentito in dovere di sbottare.
Il bagno di folla di Berlusconi a Genova? Le centinaia e centinaia di persone per bene rimaste fuori dal Carlo Felice? Il popolo che osannava il premier? Trattati come comparse, come subumani, gente che al massimo merita uno sfottò. Molto, molto meglio dedicarsi al contestatore accusato da Berlusconi di essere un «coglione». A me le parolacce non piacciono e non piacciono nemmeno se le dice il presidente del Consiglio. Ma, certo, attaccare il premier in piazza, per di più facendosi scudo dietro una persona morta di tumore dopo aver passato anni in cella, condannata all’ergastolo sì, ma non con sentenza definitiva, è qualcosa che va oltre le leggi dell’umanità, non della politica. E invece il ragazzo che ha urlato le frasi sullo stalliere di Arcore è diventato una star intervistata da giornali e televisioni, che però preferisce restare anonimo e si prende il vezzo stilistico di chiedere ai giornalisti di non pubblicare il suo cognome. Lo stile è stile, non c’è che dire.
In questo ribaltamento totale delle informazioni e della verità su quello che è successo martedì sera, c’è spazio per un’ultima domanda. Il signor Romano Prodi - quello che, a proposito dei fatti di Genova, dice «il presidente del Consiglio, che non è abituato a stare in mezzo alla folla, non sa che gli insulti capitano sempre.

Fa parte della democrazia, anche se non è gradevole» - è lo stesso Romano Prodi che non ha partecipato alla marcia di solidarietà con i commercianti milanesi dopo le violenze degli autonomi e dei no global perchè temeva i fischi?
Parlare a vanvera fa parte della democrazia. Ma non è gradevole.

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