La verità sulla lite con Garrone? Tra 10 anni la scriverò

nostro inviato a Milanello

Con Antonio Cassano, lo spettacolo è assicurato. Non solo se gli è possibile liberare il talento sul prato verde. Anche quando si esibisce dinanzi a telecamere e taccuini, strizzato nell’elegante completo firmato Dolce e Gabbana, il divertimento non manca. Anche perché, assistito da Adriano Galliani, il Pibe di Bari è capace di evitare argomenti insidiosi («Totti e Ranieri? affari loro»), di rinviare la puntata sulle rivelazioni in merito al litigio con Riccardo Garrone («scriverò un altro libro con Pardo, tra 10 anni magari»), per scatenarsi in una sequenza strepitosa di battute e risposte pieno di giudizio, in osservazioni gustose («l’unica cosa che non mi piace è il traffico di Milano, impiego un’ora per arrivare a Milanello, vado a zig-zag, prendo multe, spero che Galliani mi doti di ecopass») che offrono lo spessore del personaggio. Antonio Cassano può reggere il palco di Zelig quando è in vena eppure bisogna prenderlo a piccole dosi perché non deborbi mai dai confini. Che sono quelli di un calciatore pieno di talento, inseguito dai pregiudizi.
La sua forza e la sua debolezza sono scandite da una frase che sembra dedicata a un’altra persona. «Spero di giocare qui più a lungo possibile, sono sicuro che sarà la mia ultima tappa: sono arrivato al top, più del Milan non c’è nulla, solo il cielo» l’espressione poetica dedicata al nuovo club che l’ha adottato nei giorni più complicati e difficili della sua carriera («perciò senza indugi ho detto al mio procuratore Bozzo di firmare col Milan, Galliani si è fatto sentire quando ero a pezzi»). Non può più sbagliare Cassano, non deve, non può permetterselo. E non solo per non tradire la fiducia di chi l’ha accolto così bene e «ha creduto in me», anche a San Siro. Altra pausa, altra battuta: «E poi qui le multe sono salate, tanto salate, ve lo garantisco». Si è già informato, il furbacchione. È così saggio, a parole, da giurare su Balotelli «bravo ragazzo» e dal consigliare a Lavezzi di evitare di indossare la maglia numero 10. «C’è solo uno che può farlo, è Messi» sostiene. Mica ha torto.
Ecco allora la promessa fatta in pubblico, perciò solenne. Come tante altre, bisognerebbe ricordarlo. Ma è forse la più importante, la più attesa. «Se faccio qualcosa di errato qui sono davvero da rinchiudere in manicomio» la colorita frase. Mettere giudizio non è solo un’aspirazione, è una necessità. «Perché col Milan posso riguadagnare la Nazionale» è la convinzione, fondata, di Fantantonio reduce dall’ennesimo colloquio con il ct Prandelli. Deve mettere giudizio anche sul lavoro, durante gli allenamenti, a Milanello. «Non sono mai stato un gran lavoratore a livello fisico ma veder lavorare gente come Nesta, Gattuso, come Seedorf, Ibrahimovic che hanno vinto tanto, mi fa un certo effetto. Mi sono chiesto: se lo fanno loro, perché non posso farlo io? Sto lavorando come un cane ma sono felice» l’altro giuramento. Facciamo tutti insieme, allora, un piccolo sforzo, l’ultimo nei suoi confronti: proviamo a credere che per una volta Antonio Cassano riesca a mantenere, per un tempo sufficientemente lungo, la parola data. «Voglio vincere qualcosa, uno scudetto, una Champions, una coppa Intercontinentale» l’elenco fatto sotto gli occhi adoranti di Galliani. Anche per chiudere senza rimpianti, una carriera senza squilli di tromba. «Capello a Madrid ha fatto di tutto per recuperarmi, e io niente...» il rimpianto ammesso.
Cassano al Milan è un altro arrivo in ritardo, come Ibrahimovic, per esempio, fissato dalla storia, rinviato solo dalla cronaca. «Nel 2006 eravamo vicinissimi, poi a Madrid arrivò Capello» il retroscena fornito da Galliani che ha investito sul barese, «non è una scommessa, è una scelta consapevole», effettuata dopo aver consultato il gruppo dei senatori, «tutti favorevoli» il resoconto del sondaggio svolto dal vice Berlusconi.
Per vedere Cassano trottare in campo, col Milan, c’è bisogno di un altro mese. «Me l’ha detto il preparatore Tognaccini, tra 25-30 giorni starò bene» è il suo appuntamento con lo smalto migliore.

E adesso può puntare su Lecce, senza tradire il sapore di una particolare rivalità. «Io penso solo al Milan che deve vincere». Cassano pensa al Milan dove tutto è descritto come il primo giro in un grande luna park. «Sentivo parlare di famiglia, e pensavo a una banalità. Invece è tutto vero».

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