I numeri sono ancora piccoli, le notizie non sempre buone, qualcuna è addirittura demoralizzante, eppur qualcosa si muove e le donne, con lentezza e difficoltà, stanno acquistando terreno. Le cifre sono molte e spesso contrastanti: ci sono per esempio quelle alte in arrivo dalla Norvegia, dove nei consigli damministrazione delle aziende quotate in borsa il 44% dei membri è donna; ci sono quelle basse in arrivo dallItalia, dove nei cda le signore sono soltanto il 2,1%. Ma tutti i numeri europei messi assieme raccontano una tendenza inarrestabile, riassumibile così: seppur lentamente, le donne stanno segnando punti. E lo stanno facendo fin dallasilo. Uno studio del governo inglese spiega infatti che ancor prima di entrare a scuola le bambine hanno una marcia in più rispetto ai loro compagni di gioco maschi.
Si parla molto più spesso dei dati negativi - soprattutto in Italia, dove riesce a lavorare meno del 50% della popolazione femminile - tralasciando così i passi avanti. Non si dice per esempio che le donne sono più secchione dei loro compagni di banco e portano a casa risultati scolastici migliori. Uno studio della provincia di Modena racconta come i loro voti e i loro titoli di studio siano più alti: il 54,2% degli iscritti alluniversità nella provincia è donna. Il tasso di riuscita scolastica e universitaria femminile in Europa è superiore rispetto a quello degli uomini. Certo, si tratta di un paradosso: la disoccupazione femminile resta più frequente di quella maschile.
La tendenza rosa esiste. La donna in alcuni settori ha già superato luomo. In cifre. In Italia nella pubblica amministrazione le donne sono 52,4%; sono il 70% degli iscritti a Medicina e, spiega Gianluigi Luridiana, presidente della Federspecializzandi, la presenza femminile «è preponderante anche nelle specialità tradizionalmente maschili, come chirurgia».
Il tasto dolente rimane quello della politica, che purtroppo non ovunque segue i numeri della scienza, nonostante importanti eccezioni europee, come la cancelliera tedesca Angela Merkel; il presidente finlandese Tarja Kaarina Halonen; la prima ministra islandese Johanna Sigurdardottir. Ma le ultime elezioni europee hanno segnato un incremento, seppur lieve, della rappresentanza femminile. Le donne sembrano decise a prendersi Bruxelles, dove oggi rappresentano un terzo degli eurodeputati. Nella prima legislatura, 1979-1984, le donne erano il 16%. Un recente rapporto sulleguaglianza tra uomo e donna dellUnione parla di progressi dal punto di vista quantitativo del lavoro femminile: 7,5 dei 12 milioni di nuovi impieghi creati dopo il 2000 sono occupati oggi dalle donne. La tendenza è quella di mantenere la quantità migliorando la qualità. Puntano verso poltrone per secoli occupate dagli uomini. I numeri non fanno sognare, ma le signore sembrano aver trovato la strada: occupano quasi il 33 per cento dei due scaglioni più alti della gerarchia rispetto al 17% del 1999. «Le donne si laureano di più, le compagnie con maggior diversità di genere hanno più successo», aveva detto Ansgar Gabrielsen, conservatore norvegese che ha firmato la legge sulle quote rosa nel Paese. A sentire il politico scandinavo, investire sulle donne dunque conviene. Eppure, nonostante la tendenza positiva, cè ancora da fare. Una ricerca di Kern/Ferry racconta che cè soltanto un 10% di presenza femminile nel management delle banche; lo stipendio delle donne è più basso del 25%; nella ricerca scientifica la presenza femminile raggiunge il 50% soltanto in Lettonia; in Italia il tasso di attività femminile passa dal 63 al 50,3% dopo la nascita di un figlio; in tre atenei milanesi, secondo una ricerca Universidonna, soltanto quattro su 25 presidi di facoltà sono donne.
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