Vi svelo dov'è la casa segreta di Pirandello

Tra le case d’artista più misteriose, segrete, e sconosciute, vi è certamente quella di Luigi Pirandello, poi del figlio Fausto, pittore, non meno grande del padre scrittore, ad Anticoli Corrado, paese della campagna romana, nella valle dell’Aniene. È la villa di San Filippo, una casa di vacanza, anche di lavoro, nella quale Luigi probabilmente concepì la sua ultima opera, incompiuta, I giganti della montagna.

Il nipote Pierluigi ritiene che la villa di San Filippo abbia ispirato a Luigi Pirandello l’idea della Villa in un luogo remoto del mondo in cui è ambientato il dramma. È lo stesso Pierluigi a spiegare perché i Pirandello si trovassero ad Anticoli: «Il principale legame è costituito dal fatto che, in questo luogo, è nata mia madre Pontilia d’Aprile Pirandello. Da giovane era bellissima, come tutte le donne di Anticoli Corrado. Mio padre, che ne era geloso, mentre era in studio a dipingere, voleva che l’accompagnassi sempre quando usciva. Quando ero bambino percorrevo le strade tortuose e suggestive di Anticoli tenendo ben stretta la mano di mia madre, per impedire che me la rapissero».

E proprio nel museo di Arte moderna di Anticoli Corrado è aperta in questi giorni, fino al 6 settembre, una grande mostra di Fausto Pirandello (1899-1975), figlio di Luigi, e padre di Pierluigi. Peculiarità assai originale della mostra sono alcuni dipinti di Luigi, fra i quali due paesaggi probabilmente del suo ultimo anno di vita (il 1936), nei quali, con un taglio vagamente morandiano, si rappresentano le vedute di Anticoli dalle finestre della villa. In qualche modo, anche i dipinti dello scrittore perlustrano il cuore segreto dei congiunti - dal figlio, alla moglie, al nipote - in un intrico di rapporti psicologici che continueranno nei ritratti di Fausto, in un controcanto pittorico della grande impresa narrativa della scrittrice inglese Ivy Compton-Burnet (1884–1969).

Ne è chiaro esempio in mostra, a testimoniare la continuità del rapporto con la madre descritto da Pierluigi, il dipinto Madre e figlio del 1949. Nell’affiancarsi, corpi e volti sembrano congiungersi in un legame inestricabile, un passaggio di pensieri da una testa all’altra. D’altra parte, anche rappresentare un prevalere della donna sull’uomo (i cui tratti appaiono meno distinti e quasi fuori fuoco), la stessa composizione si ritrova nel Ritratto dei coniugi Villa del 1945.
Spesso Fausto Pirandello si misura con il doppio ritratto. Così nel bellissimo Donne con salamandra, del 1928, probabilmente una madre e una figlia separate da una porta come a indicarne le diverse direzioni e i diversi destini. Ancora nell’Autoritratto come pittore, con la modella nuda in primo piano, il cui corpo dominante copre in parte il pittore seduto. Ancora una donna, la madre, è grande, al centro, nel triplo ritratto, La famiglia dell'artista. D’altra parte, tutta l’opera di Fausto Pirandello è carica di psicologia, perfino nelle nature morte, proustiane, e non è mai illustrativa, descrittiva. La pittura nasce da una tensione e da un tormento, implacati. Forse anche per il rapporto con il padre che scrive al figlio: «Mi dici che sei spesso malato, perché sei stanco. Non voglio affatto che tu ti stanchi. Se sei stanco, riposati. Nessuno ti fa fretta. E se te la fai da te, hai torto; perché poi il frutto è questo, che stai male: e non devi stare male, né per te, né per me». Non stupisce che a questo padre così dogmaticamente consolatorio, e sbrigativo nel valutare i turbamenti del figlio, questi risponda, senza ironia, ma quasi con liberazione: «Mio caro papà, mi dispiace assai che due ore prima del tuo arrivo, prendo il treno e me ne vado: ma sono assolutamente esaurito e non resisto più alla tentazione, da una settimana, rinnovata giorno per giorno, di andarmene». Il figlio sfugge al padre troppo facilmente rassicurante. Si libera meglio dei suoi tormenti andandosene. La mostra di Anticoli Corrado è preziosa per comprendere i sottili e dolorosi legami tra le due personalità: una grande e tetragona, anche nel dominare i personaggi delle sue opere tra la vita e la forma, l’altra grande nello scoprire le proprie lacerazioni e fragilità. Esemplare, in questo senso, l’Autoritratto 1950-60 dal taglio formidabile: il pittore esclude la parte superiore della testa impaginando l’imminente mezzo busto a partire dalla linea degli occhi. Con ciò esclude la forza del pensiero esaltando i sensi, in particolare quelli visivi. Lo sguardo è inclinato verso il basso, in uno scorcio indimenticabile. Altrettanto formidabile è la Testa di Cristo emergente da un groviglio di segni, anticipazione del martoriato Cristo di Mel Gibson.
Visitando la mostra, la statura di Fausto Pirandello si misura, per temi e forme con quella di un grande maestro come Francis Bacon. Ma è anche più notevole, come già mi accadde di osservare, in rapporto con Lucien Freud, in catalogo rilevato da Paolo Bertoletti, nipote di Nino e Pasquarosa, storici amici anticolani di Pirandello. Le affinità con Freud arrivano anche, con vantaggio di Fausto, nella scelta dei soggetti di nudi maschili e femminili, anche deformi, in una materia spessa e densa. Notevole che Freud sia nipote di Sigmund come Fausto figlio di Pirandello.

È giusto concludere che entrambi i pittori nella loro visione formale, psicologica, e filosofica «mantengono stretto il legame con i temi cari a Sigmund e Luigi». La pittura intensifica e trasferisce in immagini dolenti e traumatiche le «perversioni», anomalie psichiche, meschinità piccolo borghesi illustrate nell’opera di Luigi Pirandello e Sigmund Freud.

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