Viaggio nel centro di smistamento profughi. "In Italia manca la programmazione"

Nel centro alle porte di Torino, la Croce Rossa è abituata a gestire le emergenze. Ma da quando le autorità inviano lì tutti i profughi in arrivo in Piemonte le cose sono cambiate

Viaggio nel centro di smistamento profughi. "In Italia manca la programmazione"

Un altro pullman, l'ennesimo, arriva al centro di accoglienza di Settimo Torinese proprio nel momento in cui stiamo visitando le cucine del campo. La Croce Rossa da anni gestisce lo Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Qui vivono immigrati in attesa di ricevere l'asilo politico. Un centro ben organizzato, ma che l'emergenza dell'ultimo anno e l'arrivo incontrollato di immigrati sulle coste italiane rischia di mettere in difficoltà.

"Prima facevamo solo accoglienza di secondo livello - dice a ilgiornale.it Ignazio Schintu, responsabile del centro - ovvero l'insegnamento della lingua italiana e le pratiche per ottenere lo status di rifugiati". Ora, però, nel centro arrivano ogni giorno centinaia di immigrati da Lampedusa. "Siamo stati costretti a riorganizzarci, per fare in modo di rispondere alle nuove esigenze".

Gli immigati appena entrati nel centro vengono divisi per nazionalità, poi un operatore in inglese e francese gli comunica che "rimarrete qui solo per alcuni giorni, vi daremo tutto: cibo, vestiti, un letto e le carte telefoniche per chiamare le vostre famiglie". Dopo le visite sanitarie, i profughi vengono smistati nelle tende, in attesa di essere prelevati dalle associazioni e le Onlus che si sono messe a disposizione (a fronte dei 35 euro al giorno che lo Stato garantisce loro) per ospitare gli immigrati. Nel tempo in cui rimangono nella tendopoli di Settimo devono rispettare un regolamento preciso ("chi sgarra viene espulso") e tutti sono chiamati a seguire le lezioni di italiano e le attività pensate per l'integrazione. (Guarda il video)

Nel centro "Fenoglio" alle porte di Torino, la Croce Rossa è abituata a gestire le emergenze. Ma da quando le autorità hanno stabilito di inviare lì tutti i profughi in arrivo in Piemonte le cose sono cambiate. La decisone è arrivata, come spesso accade da qualche tempo a questa parte, senza dare comunicazione ai sindaci. Persino il primo cittadino Pd di Settimo, Fabrizio Puppo, aveva lanciato un allarme: "Per l'emergenza profughi c'è bisogno di maggiore comunicazione tra le autorità competenti. E soprattutto non tutti i comuni fanno la propria parte: non può continuare a gravare tutto solo sulla nostra città. Non possiamo gestire da soli quella che è diventata una guerra". Ma non è stato ascoltato.

Ignazio Schintu però si dice sicuro di poter far fronte alla situazione: 1300 migranti arriveranno in tre soli giorni nella tendopoli appena allestita. Altri ne arriveranno in futuro. Dovrebbero essere solo di passaggio, e in questo momento lo sono: mentre parliamo con gli operatori del centro,un gruppo di migranti viene caricato dalle associazioni e portato in giro per il Piemonte. Quanto potrà durare così?

La preoccupazione di Felice Schiavone e Claudia Porchietto, rappresentanti di Forza Italia a Settimo e in Piemonte, è quella di veder trasformare lo Sprar in un centro di accoglienza simile al Cara di Mineo. Non appena le strutture non saranno più in grado di ospitare quel 7% dei profughi arrivati in Italia che sono competenza del Piemonte, infatti, sarà impossibile far uscire i profughi in eccedenza dal centro della Croce Rossa. "Le tende verranno smontate ad ottobre" - ci assicura Schintu - che però non chiude del tutto alla possibilità che in futuro l'accoglienza possa essere amplianta con "altri moduli abitativi".

Ma il vero problema, ammette il responsabile della Croce Rossa, è l'organizzazione. Sia italiana che Europea. "In Italia è mancata la programmazione - afferma Schintu - e l'Europa in tutto questo non è proprio esistita: la decisione di ripartire solo 40.000 migranti è irrisoria". Una prima soluzione ottimale sarebbe quella di far insediare nel centro le commissioni che decidano sulla ammissibilità o meno della richiesta di asilo.

In questo modo si risparmierebbero tempo e soldi, selezionando adeguatamente e in tempi brevi chi ha davvero diritto alla protezione internazionale.

"Ci vorrebbero norme definite e accordi chiari", conclude Schintu. Ma Alfano e il governo non sono riusciti a farli.

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