Cultura e Spettacoli

VIANELLO SI SCHIERA CON I CONSUMATORI

Che differenza c'è tra l'Italia dei piccoli e grandi raggiri fotografata ai tempi di Mi manda Lubrano e quella condotta da Andrea Vianello, che ha raccolto in questa stagione il testimone di Piero Marrazzo? Apparentemente Mi manda Raitre (mercoledì, ore 21) mostra sempre la sua ricca sfilata di soprusi, pubblici o privati, che si abbattono sui consumatori. Quella che va in scena è la solita Italia dove la cosiddetta «arte di arrangiarsi», dote genetica del nostro popolo, diventa spesso pretesto per lo sconfinamento fuorilegge, e fesso non è chi legge (come stava scritto in tono burlesco sui muri dei quartieri fino a qualche lustro fa) ma chi non legge le note scritte in caratteri minuscoli dietro i contratti delle banche, delle compagnie di assicurazione, delle vendite porta a porta o per corrispondenza. In realtà è cambiato qualcosa di sostanziale dai tempi di Lubrano: allora l'impari lotta tra truffatori e truffati non aveva avuto ancora il suggello, l'imprimatur mediatico, la consacrazione di «gioco delle parti» da consumarsi pubblicamente. Pur mostrandosi davanti alle telecamere, truffatori e truffati erano gente ancora inconsapevole della forza del mezzo televisivo e della necessità di strutturare lamentele e giustificazioni secondo un'efficacia consona alla potenza televisiva. Erano in fondo tutti «soli», sia i truffatori che i truffati, e giocavano la loro partita in modo ingenuo e primordiale. Oggi, per dire, ogni azienda chiamata in causa ha in genere il suo portavoce, il suo «addetto alle pubbliche relazioni» che ne fa le veci e che è chiamato a sostenerne la difesa. E da parte loro i truffati possono contare, in studio, sulla presenza fissa di consulenti agguerriti in soccorso della categoria dei «consumatori» (Anna Bartolini e Ugo Ruffolo in prima fila). Oggi stanno diminuendo i casi in cui le aziende chiamate in causa per le loro negligenze si rifiutano di partecipare al programma, perché considerano l'assenza un danno di immagine non inferiore a quello procurato dalle accuse loro rivolte. E l'importanza assunta dal programma non solo come fonte di denunce ma anche intermediazione tra le parti provoca non di rado «colpi di teatro» un tempo impensabili: adesso capita di frequente che un'azienda sotto accusa scelga di riparare i torti portando in trasmissione un assegno bancario da sventolare con efficace impatto d'immagine davanti alle telecamere, come è capitato anche nel corso dell'ultima puntata prima della pausa estiva.

Il prossimo autunno si ricomincia, con la certezza di assistere a un programma che, anno dopo anno, da un lato ci consola perché riscatta i deboli dagli abusi di potere, e dall'altro ci illude che lo stesso principio valga anche fuori dal fascio di luce della tivù.

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