Politica

Video choc da Kabul: «Sono Clementina»

Le immagini sono mosse e a tratti non a fuoco. La Cantoni. costretta a ripetere frasi preparate in anticipo, dice i nomi del padre, della madre e dello zio

Fausto Biloslavo

da Kabul

Due canne di kalashnikov puntate alla testa, lo sguardo spaurito, senza occhiali, avvolta da un patoò, la classica coperta afghana e un velo sul capo. Clementina Cantoni, sequestrata a Kabul due settimane fa, appare così nel video girato dai suoi sequestratori e mandato in onda ieri da Tolo tv, un'emittente privata afghana. L'ostaggio pronuncia il suo nome e risponde a delle domande, chiaramente preparate in anticipo, sulla sua famiglia rivolte, in un inglese approssimativo, da uno dei tagliagole che resta fuori campo. Tentenna solo sulla data in cui sarebbe stato girato il video sbagliando il giorno della settimana.
Contemporaneamente alla diffusione del filmato, Timor Shah, l'autoproclamato rapitore della cooperante italiana, lancia, con una telefonata ad una radio, l'ennesimo ultimatum in cui minaccia di uccidere Clementina alle 19 di oggi. Le immagini durano circa tre minuti e sono girate da un dilettante e mostrano quasi sempre l'ostaggio in primo piano con le canne dei mitra che sbucano dai lati. Immagini mosse e a tratti sfuocate. Clementina è probabilmente seduta a gambe incrociate, ma un patoò grigiastro le copre il corpo fino al collo. L'impressione è che i sequestratori non vogliano mostrare quali vestiti indossi ora l'italiana. Clementina non muove le mani né le braccia, forse perché legata, o peggio, incatenata. Un'altra ipotesi è che sia ferita ad un arto ed i sequestratori non vogliono far vedere le bende. In ogni caso le braccia, sotto la coperta, non si muovono di un millimetro. Il capo è coperto da un velo fra l'azzurro ed il blu, che le lascia liberi solo una ciocca di capelli neri ed il viso. Sul volto non ha segni di ferite o percosse e nonostante lo sguardo sia più volte smarrito, gli occhi chiari sono ancora vivaci.
Fin dalla prima inquadratura, come i video degli ostaggi in Irak, si intravedono due tagliagole afghani ai suoi fianchi, uno a destra e l'altro a sinistra, che le puntano le canne di vetusti kalashnikov sovietici alla testa, dall'alto in basso. Ambedue vestono all'afghana, con pantaloni a sbuffo e tuniche lunghe fino al ginocchio. Quello a sinistra ha una tunica bianca e le mani dalla pelle più scura, mentre quello a destra è vestito di nero e ha la pelle più chiara. Ambedue si coprono il volto, per non farsi riconoscere, con le leggere sciarpe afghane utilizzate per difendersi dai turbini di sabbia. Verso la fine del video l'inquadratura si allarga volutamente per mostrare le giberne dei due tagliagole. Uno ha una baionetta, l'altro dei caricatori e forse si intravedono anche delle bombe a mano. Lo sfondo è grigioscuro (forse una parete o dei teli grigioscuri) il che rende irriconoscibile il luogo dove è stato girato il video.
Clementina è costretta a rispondere a banali domande sulla famiglia per confermare la propria identità. Domande suggerite da una voce fuori campo, che parla un inglese approssimativo, all'afghana. «Il mio nome è Clementina» sono le prime parole che l'ostaggio pronuncia davanti alla telecamera, pure lei in inglese. Poi l'anonimo sequestratore passa ai familiari e le suggerisce: «Il nome di mio padre è...?». Clementina ripete: «Il nome di mio padre è Fabio». Quindi una nuova domanda: «Il nome di mia madre è...?» alla quale la donna risponde: «Il nome di mia madre è Germana». Ed infine ancora una domanda sul nome di un altro parente stretto: «Il nome del fratello di mio padre è...?». «Il nome del fratello di mio padre è Luciano», risponde Clementina. Un dialogo dell'assurdo con l'ostaggio spaurito, che si interrompe per un attimo quando una voce pronuncia qualche parola in lingua afghana. Poi le domande riprendono ed il tagliagole fuori campo chiede all'ostaggio «Oggi è il...?». «Oggi è il 28 maggio», risponde Clementina. In questo momento gira lo sguardo verso sinistra, più smarrita che mai, come se qualcuno la sollecitasse a completare la risposta. Allora Clementina aggiunge: «Domenica». E la voce fuori campo ribadisce: «Domenica». In realtà il 28 maggio era un sabato, mentre domenica era ieri, quando il video è stato consegnato. Il filmato potrebbe essere stato girato qualche giorno fa. Clementina è stata costretta a pronunciare il giorno in cui i rapitori pensavano di consegnarlo.
Ieri Timor Shah ha telefonato alla redazione televisiva dicendo che aveva dato la cassetta ad un bambino nei pressi della più grande moschea di Kabul, che si chiama Idga. Guarda caso si trova vicino allo stadio sulla strada che porta a Karte Nau, il quartiere della capitale afghana considerato un'ex roccaforte del tagliagole. «Il video è stato preceduto da una telefonata di Timor Shah verso le 20 di sabato. Gli abbiamo risposto che prima di mandare in onda i suoi messaggi volevamo una prova che l'ostaggio fosse ancora vivo» spiega al Giornale, Saad Mohseni, direttore del polo mediatico di cui fa parte Tolo tv. Il giorno dopo è arrivato il video, consegnato a un bimbo di fronte alla moschea di Idga, nella capitale.
Ieri l'autoproclamato rapitore di Clementina ha anche chiamato Radio Free Europe a Kabul lanciando l'ennesimo ultimatum, che scadrebbe alle 19 di questa sera.

«Questo è l'ultimo - ha dichiarato Timor Shah - non lo estenderemo più».

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