RomaUn po timidamente si riaffaccia la proposta del tribunale disciplinare delle toghe fuori dal Csm. E il sottosegretario alla Giustizia Salvatore Mazzamuto chiede al governo Monti di mettere il provvedimento in agenda: «Oggi la sezione disciplinare è collegata alla struttura del Csm e questo offusca la sua immagine di imparzialità. Mi sono sempre battuto per una riforma e sono convinto che il ministro Severino si porrà il problema. Sono necessari approfondimenti e consensi ampi». Succede al convegno del Csm «Riformare la giustizia disciplinare dei magistrati?». Il deus ex machina del confronto è Michele Vietti, vicepresidente di Palazzo de Marescialli, che già nel 2008 organizzò la «bicameralina» dellUdc per un accordo trasversale sulla riforma della giustizia.
Parteciparono in tanti, da Angelino Alfano a Luciano Violante, da Luca Palamara e Giuseppe Cascini dellAnm al Guardasigilli Paola Severino. Una delle proposte sulle quali si registrò più convergenza fu proprio una Corte disciplinare separata dal Csm: la fine della contestata «giustizia domestica». Vietti sottolinea che lattuale tribunale dei magistrati agisce con «rigore» e funziona meglio del passato. Nel triennio 2007-2010 una «netta inversione di tendenza» ha portato le condanne a superare le assoluzioni: 116 a 85, quando erano 88 a 193 nel 1999-2002 e 117 a 212 nel 2003-2006. Ma, aggiunge, si può pensare a una «sezione disciplinare separata rispetto al Csm», per garantire con un sistema di incompatibilità l«esigenza obiettiva» di impedire che chi giudica i magistrati partecipi alle altre decisioni del Consiglio sulla carriera dei magistrati: valutazioni di professionalità, trasferimenti.
È quello su cui insiste Mazzamuto, che dal 1998 al 2002 è stato laico del Csm e membro della Disciplinare: «Basterebbe una legge ordinaria per blindare la sezione disciplinare, conferendo ai suoi componenti solo competenze giurisdizionali». Il sottosegretario ritiene, invece, «troppo complicato» il percorso indicato al convegno dal presidente del Consiglio di Stato, Pasquale de Lise: creare un organo unico per i procedimenti disciplinari di tutti i magistrati, ordinari, amministrativi e contabili, composto da membri di diritto scelti tra i presidenti emeriti della Corte Costituzionale e delle magistrature superiori e altri nominati dal Capo dello Stato. Non concorda sul punto neppure il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino: «Il giudice disciplinare unico non è possibile perché non è possibile avere eguali illeciti disciplinari».
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