Vinai e Rosso, quelli che dividono il Pdl per unirlo

Vinai e Rosso, quelli che dividono il Pdl per unirlo

(...) Sembra di essere in ospedale. È così grave il paziente?
Vinai: «Veramente il paziente più grave ora sono io. E proprio l’amico Matteo mi è corso in aiuto. È capitato lunedì, alla riunione del coordinamento regionale. Ho avuto uno sbalzo di pressione. Sulle prime pensavo passasse con qualche istante di riposo, ero rimasto seduto nelle retrovie. Poi, a un certo punto ho fatto cenno al coordinatore Michele Scandroglio per dirgli che non avrei fatto il mio intervento, e che gli andava anche bene visto che magari avrei fatto qualche osservazione. Ma non ce la facevo, non stavo bene. Matteo Rosso è stato il primo ad alzarsi e accompagnarmi in un’altra stanza, ad aiutarmi. Poi si è interessata subito anche Raffaella Della Bianca in versione crocerossina. Questo per dire come siano false certe malelingue che dicono che ci odiamo».
Suvvia, Matteo Rosso è comunque medico. L’avrebbe fatto con chiunque. Vero?
Rosso: «Vero, vero. L’avrei fatto naturalmente con chiunque. Anche con Claudio Burlando, ci mancherebbe. La cosa che conta è un’altra. È che oggi siamo qui insieme».
Per dire entrambi che non volete fare il sindaco di Genova?
Rosso: «Non è questo il punto. Il candidato sindaco verrà deciso dal partito e questo non è neppure il momento giusto per affrontare il tema. Siamo qui per metterci a disposizione del Pdl».
Vinai: «L’amico Roberto Cassinelli ha ragione a dire che in questa situazione sarà durissima vincere, rischiamo di perdere a prescindere dal candidato sindaco. In questo ha ragione la Lega: prima andiamo a vedere come andare alla sfida, con quale progetto da proporre ai cittadini, poi semmai sceglieremo, insieme alla coalizione, il candidato. Che secondo me è meno importante».
Hanno ragione tutti. Non potete dire che andate d’accordo su tutto. Sull’analisi non avete detto voi stessi che siete in disaccordo?
Rosso: «Io ad esempio sono dell’idea che la possibilità di vincere a Genova nasca dal fatto che per prima cosa dobbiamo trovare un candidato che convinca il nostro elettorato. Non possiamo deludere i nostri, che poi finisce che non vanno a votare. In seguito, semmai, si potrà tentare di recuperare altri consensi fuori, ad allargare. Bisogna fare quello che seppe fare benissimo il grande Sergio Castellaneta, recuperare intanto i ceti medi. Tra l’altro, in caso di sconfitta, almeno non avremmo deluso i nostri».
Vinai: «Io invece la vedo diversamente. Questa città è stata governata dalla sinistra per gli ultimi 20 anni ininterrottamente. E anche prima con qualche interruzione di pentapartito. La sinistra ha gestito la progressiva decadenza della città, la deindustrializzazione, la caduta libera. Lo ha fatto con l’assistenzialismo, progetto ora fallito. E oggi nessun elettore di sinistra è pienamente soddisfatto. Noi dobbiamo essere capaci di dare risposte a questo problema, a questi ambiti sociali. Penso al mondo cattolico ma non solo. Per questo credo sia meno importante il nome del candidato».
Dicevate la Lega. Di solito è quella che sa parlare meglio ai cittadini. Qui in Liguria però stenta ancora?
Vinai: «Perché questa è una terra diversa dalle altre. Non è una questione di scarsa qualità degli esponenti. È che la Liguria non è Padania».
Rosso: «Intanto la Lega è un ottimo alleato. E ha la capacità di dire le cose con tale franchezza, con un linguaggio che la gente capisce, che tante volte dovremmo imparare a fare altrettanto. Magari togliendo qualche eccesso».
Ma che il Pdl in Liguria non sia in un gran momento è innegabile. Senza Claudio Scajola è un disastro?
Vinai: «I problemi sono anche a livello nazionale. Fino al 2002-2003 l’organizzazione aveva funzionato benissimo, anche perché Berlusconi aveva dato molta importanza all’organizzazione, che era stata curata proprio da Scajola. Ora mi sembra che il presidente voglia tornare a riorganizzare il partito e ha bisogno di qualcuno in grado di farlo».
Rosso: «Non solo il Pdl sente la mancanza di Scajola. È tutta la Liguria, intesa anche come ente, istituzione Regione. Siamo una regione piccola, contiamo poco. Avere una persona di peso a livello centrale è fondamentale».
Almeno sforzatevi di accettare il mandato dei lettori. Tre punti forti del programma se foste il sindaco...
Rosso: «I primi due riguardano la buona amministrazione, per dare risposte anche agli anziani e alle fasce deboli. Innanzitutto più sicurezza, regole rigorose e riqualificazione urbana, poi meno sprechi...»
L’interruzione è d’obbligo: Gianni Plinio assessore agli sprechi?
Rosso riprende: «Plinio lo chiamerei di corsa a vigilare sull’uso delle risorse (e Vinai annuisce convinto scoprendo un altro punto di contatto a sorpresa con l’amico rivale). Il terzo punto che dovevo ancora indicare, riguarda però anche il futuro, i giovani. Occorre un rilancio tecnologico, il dialogo con l’Università, per attrarre risorse e giovani anche da fuori».
Vinai: «Io partirei dalla necessità di una svolta culturale: anziché la città dei diritti, fare la città dei doveri. Perché dal dovere di ognuno di noi discendono i diritti degli altri. Poi condivido la concretezza per le piccole cose. Sarei un sindaco culo di pietra, uno che sta sempre sul pezzo, meno conferenze stampa e più funzionalità. Terza cosa, che discende dalle prime due, porrei massima attenzione al mondo dei bisognosi. Non intendo in senso assistenziale. Punterei su uno sviluppo che aiuti ad esempio le famiglie. E su questo credo che con Matteo Rosso non avremmo problemi, visto che l’importanza che attribuiamo al valore della famiglia è dimostrato dai figli: in due ne abbiamo sette. E ognuno con una sola moglie».


Mettere tutti insieme questi sei punti è così impossibile?
Rosso: «L’abbiamo detto all’inizio, siamo qui insieme, no?»
Vinai: «Ci aggiungerei anche la componente Musso: Matteo si occupa della curva, Enrico trova consensi in tribuna Vip, io raccolgo popolari e parterre. Così si vincerebbe».

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