Cronache

«Vincere in Regione per poi mandare a casa la Vincenzi»

«Vincere in Regione per poi mandare a casa la Vincenzi»

(...) Le piazze piene non riempiono le urne, ma l’entusiasmo sì. E che l’entusiasmo sia contagioso lo si nota già quando un lord come Roberto Cassinelli saluta le oltre mille persone presenti. È un disco-Cassinelli, versione dj, stile capopopolo da curva, che saltella con la bandiera in mano e perde la voce sulle note di «Azzurra Libertà». Nonostante in Parlamento non sia materia su cui fare dello spirito, si scherza persino sull’opportunità di chiedere l’antidoping.
Ma dopo gli applausi per tutti i rappresentanti della coalizione, con ovazione speciale per la Lega di Francesco Bruzzone, l’attenzione è tutta per il ministro Scajola. Che cede il posto d’onore della conclusione a Biasotti. Ma gli prepara un pubblico già in visibilio. La notizia che «dall’altra parte», a pochi metri di distanza, la platea del Carlo Felice è desolatamente vuota davanti a Claudio Burlando ed Enrico Letta arriva come rimbalzata dalle radioline. E Scajola non si lascia sfuggire l’occasione: «Hanno portato qua Veltroni, Bersani, Letta, li hanno mandati persino nella mia piccola provincia - infiamma il Ducale - Segno che hanno paura». Le bandiere e gli striscioni si sollevano, appare anche un «Gianni Plinio uno di noi» in campo tricolore, perché la passione è anche per i singoli candidati. Il ministro ringrazia tutti, regala una citazione speciale ad Alfredo Biondi, spiega che «un vincitore è grande quando si ricorda di tutti quelli che si sono impegnati con fatica. E questo con Biasotti avverrà, perché Sandro sarà il più bravo presidente di regione d’Italia». Il bersaglio facile di Burlando viene colpito all’inizio, perché «in Liguria sono sempre gli stessi». Ma i tiri di precisione sono tutti per l’Udc, per «chi ha tradito gli ideali in cui dice di credere e ma poi si vergogna talmente tanto che chiede un voto per scegliere chi ritiene il migliore. Ma poi sotto, sulla scheda, c’è il simbolo di Rifondazione, dei Comunisti. Chi vota Udc vota per l’inganno, e qui l’Udc prenderà una grande mazzolata». Infine l’ultimo appello: «Fino a lunedì ognuno di voi deve convincere una persona incerta o una che vota Udc».
Sandro Biasotti deve aspettare qualche minuto prima di riuscire a prendere la parola. Ma lo fa con piacere e ride sotto la barba. Intanto pensa, vsto che sa di «andare a braccio», all’inizio migliore. E decide di smentire i suoi amici Scandroglio e Cassinelli: «Questo non è l’ultimo discorso, questo è il primo discorso da governatore». Poi è un’escalation: «Non posso perdere con questo popolo. Non posso perdere perché non mi sono ancora perdonato il 2005: perché perdere si può, ma non da un Burlando». Snocciola le cifre dei giorni: 1925 dall’inizio della rivincita, 394 di campagna elettorale dall’investitura di Varazze dove si è commosso. Manda in visibilio i leghisti quando rievoca i fasti di Genova, svela la sua dieta del candidato che finora lo ha costretto a rinunciare al cioccolato fondente e al limoncello alla sera. Ringrazia Franca Lai e Marino per gli spot «popolari». Poi fa vibrare il Ducale con: «quella faccia di tolla di Casini, mi dice caro amico. Ma amico chi? Vai, vai». Il suo sondaggio è una metafora ciclistica: «Nessuno mi chiamava, è da due settimane che mi chiamano tutti i tg nazionali. Ho ripreso l’avversario e si sa che quando si arriva allo sprint chi era dietro e ha succhiato la ruota.... wrooom». Ma la mossa a effetto è la citazione di Marta Vincenzi, alla quale già Scajola aveva predetto giorni contati in caso di vittoria in Regione. Arrivano i fischi e gli ululati. E Biasotti stravince: «Shhh, no, buoni buoni. Marta Vincenzi santa subito! - ribadisce tre volte - Lunga vita a Marta Vincenzi! Neanche mettendola noi e pagandola avrebbe lavorato così male». Il Ducale è uno stadio nella notte del derby. E Biasotti si fa applaudire dalla Nord e dalla Sud: «Lo stadio lasciamolo lì dov’è. Noi (la Samp, ndr) ci abbiamo vinto uno scudetto, il Genoa ha lì la sua storia. Semmai spostiamo le carceri». Ce n’è abbastanza per concedersi un cioccolatino fondente e un sorso di Limoncello. Ora può.

«L’appuntamento è per lunedì a De Ferrari, a festeggiare».

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