Vita più lunga ai malati neoplastici

Sono oltre mille le molecole in via di sviluppo in oncologia. Ogni due mesi, 60 nuove molecole sono analizzate dei ricercatori e due terzi di queste sono farmaci intelligenti che colpiscono solo le cellule tumorali e non le altre. «La grande innovazione avvenuta in medicina è rappresentata dallo studio delle malattie non più in base alla disfunzione degli organi, ma analizzando le alterazioni molecolari all’origine della malattia», afferma Claudio Cavazza, presidente di Sigma-Tau, una delle aziende farmaceutiche italiane più impegnate sul fronte della ricerca. «Studiando la cellula – aggiunge Cavazza, pioniere e sostenitore di queste ricerche - si comprende la necessità del suo sviluppo armonico e le sue esigenze in chiave energetica a livello di mitocondrio. Anche Clinical Cancer Research, una delle più autorevoli pubblicazioni scientifiche internazionali (è edita dalla American Association for cancer research) ha recentemente evidenziato l’importanza dell’acetil-L-carnitina per la vita della cellula: è efficace nell’aumentare le potenzialità antitumorali dei farmaci a base di platino». La sua attività antimetastasi si evidenzia nel ridurre la proliferazione delle cellule neoplastiche in alcune forme tumorali del polmone. Gli studi sulla cellula hanno aperto nuove frontiere alla ricerca antitumorale. Su un punto in particolare, gli esperti sembrano concordare: il futuro sarà sempre più rivolto alla personalizzazione delle cure per colpire la singola cellula neoplastica. Ma per farlo, afferma Leonardo Santi, presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita: «va affinata la ricerca sui marcatori biologici, così da trattare con i costosi medicinali target solo chi risponde alle cure». Razionalizzazione, dunque, è la parola d’ordine: ovvero, somministrare il farmaco giusto alla persona giusta. Evitando le cure infruttuose e gli sprechi. La target therapy o terapia con farmaci biologici rappresenta quindi una punta avanzata della lotta al cancro. La ricerca farmacologica e gli studi di farmacogenomica si sono concentrati sulla messa a punto di farmaci mirati che colpiscono solo alcuni recettori cellulari specifici alla base dello sviluppo e della crescita dei tumori, senza intaccare le cellule sane. Queste molecole (targeted terapie) presentano alcune caratteristiche comuni: azione selettiva e specifica verso le cellule tumorali; tossicità minore rispetto alla chemioterapia tradizionale; possibile utilizzo in concomitanza di chemioterapia o radioterapia; somministrazione, per alcune, per via orale, con conseguente riduzione di ricoveri. L’attuale limite all’utilizzo di questi farmaci è rappresentato dallo spettro d’azione ancora limitato a quelle neoplasie per le quali si è scoperta un’alterazione molecolare specifica, tale da renderla bersaglio della cura farmacologica.
Gli importanti risultati raggiuntisono il frutto di più fattori: prevenzione, impegno per i programmi di screening, campagne di comunicazione, trattamenti tradizionali sempre più evoluti. Ma anche, sottolineano gli esperti, terapie a bersaglio molecolare (o Target therapy), che nell’ultimo decennio hanno contribuito a migliorare notevolmente le prospettive dei malati. I primi farmaci a bersaglio molecolare sono stati utilizzati alla fine degli anni Novanta ed hanno subito migliorato gli indici di sopravvivenza nei pazienti con tumore della mammella, del colon retto, del rene. Anche i tumori stromali gastrointestinali (Gist) e i linfomi hanno manifestato un miglioramento dell’indice di sopravvivenza» ha ricordato Leonardo Santi. Queste cure hanno determinato benefici evidenti per i malati di cancro in termini di riduzione della mortalità, ma anche di miglior qualità della vita. Le terapie biologiche a bersaglio molecolare, si basano su anticorpi monoclonale contro geni mutati specifici come Trastuzumab (Herceptin) , Rituximab (Mabthera), contro i fattori di crescita Cetuximab (Erbitux), Bevacizumab (Avastin). Tra gli inibitori di enzimi vi è Imatinib (Glivec) , Erlotinib (Tarceva), Gefitinb (Iressa) e Bortezomib (Velcade).

Sono farmaci che in molti pazienti hanno ottenuto la guarigione o la remissione totale della malattia. Molti pazienti li considerano miracolosi. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi tumorale è oggi in media del 55 per cento: un aumento importante rispetto al 1985, quando era del 15 per cento.

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