Vittoria! Le ultime parole famose dell’Unione

La gioia di Mazzarello Si prospetta una bel successo per noi e una secca sconfitta per il centrodestra

Paola Setti

Bisognava vedere le facce, ieri pomeriggio. E poi riguardarle ieri sera. Ai point elettorali, nelle trasmissioni televisive, l’entusiasmo del centrosinistra che si tramutava in gelo, lo sconforto del centrodestra che diventava ebbrezza. Perché, ecco, l’Unione in Liguria è in vantaggio, ma qualunque cosa dicano i risultati definitivi oggi, la tanto sbandierata quanto surclassante vittoria del centrosinistra dovrà aspettare, insieme alla tanto auspicata dipartita di Silvio Berlusconi. E quella, la sbandierata e surclassante vittoria, era l’unica che il centrosinistra si aspettasse. Certo non un pareggio.
Si sono contati pochi prudenti da una parte, Stefano Zara per dire, che alle 16 la metteva così: «Ora ci godiamo il successo degli exit poll, poi vedremo», e pochi ottimisti dall’altra, Luigi Grillo fra gli altri, che alle 18 commentava: «Io lo avevo detto che sarebbe stato un voto al fotofinish, e sono fiducioso che fra due ore avremo ribaltato il risultato». A rileggerle dopo, cinque ore dopo la chiusura dei seggi, le dichiarazioni sono esilaranti. Claudio Burlando il presidente della Regione a segnalare «il positivo contributo della Liguria all’Unione», tutto merito «della nostra rigorosa politica fiscale». Quella stessa politica fiscale che, evidentemente, ha spaventato i liguri prima che gli italiani, se è vero che Forza Italia è il primo partito in Liguria, con il 24.11 per cento contro il 23.76 dei Ds. E che persino Savona, la rossa Savona, s’è colorata di azzurro: 20 alla Quercia, 26 a Forza Italia.
Fra le parole al vento da segnalare quelle di Giacomo Conti il segretario di Rifondazione comunista. Nel pomeriggio gongolava: «È una indubbia vittoria dell’Unione, un risultato storico perché per la prima volta una coalizione di forze di centrosinistra detiene la maggioranza assoluta dei voti». In serata s’era irrigidito: «Se ci fosse un pareggio bisognerebbe tornare alle urne». Il migliore però è stato Graziano Mazzarello, capolista per i Ds al Senato, che tanti saluti alla prudenza già alle 16 cantava vittoria, e che vittoria: «Si prospetta una bella vittoria del centrosinistra e una secca sconfitta del centrodestra». La deputata Ds Roberta Pinotti poi già pensava alle poltrone: «L’impegno per allargare la presenza femminile in Parlamento dovrà essere dimostrato già dalla formazione del governo. Prodi ci ha promesso che il 30% delle cariche che contano saranno occupate da donne. Ma ci dovrà anche essere una riforma profonda della legge elettorale che dovrà essere fatta a inizio legislatura». In serata erano tutti scomparsi. A casa a cenare e addio festa a De Ferrari, tanto per il bagno nella fontana faceva freddino. Gli altri invece, i rinati esponenti del centrodestra, pian pianino han ripreso colore e ritrovato il sorriso. L’unico che ci ha azzeccato da subito è stato Claudio Scajola: «Hanno fatto un referendum contro Berlusconi e lo hanno perso». E poi: «Aspettiamo le proiezioni e poi facciamo i conti. È ancora presto». Già. È stato il fallimento degli exit poll e non ha aiutato gli imprudenti, che pure avrebbero dovuto ricordare che mica è la prima volta, e sapere che non si fa una bella figura, a dire gatto se non l’hai nel sacco. È stato uno stillicidio, comunque, 0,5 più, 0,5 meno, un incubo per tutti.
L’atteggiamento guardingo ma rassegnato del centrodestra sta nelle parole di tanti. Giorgio Bornacin il capolista al Senato di An s’è scoraggiato subito: «È chiaro che c’è una sconfitta per la Cdl e quando c’è una sconfitta è necessario fare delle riflessioni, ma è anche vero che c’è un’Italia spaccata a metà. Mi auguro che il centrosinistra al governo sappia mantenere gli impegni presi in campagna elettorale, ma mi aspetto che le contraddizioni tra le varie posizioni emergano con forza». Michele Scandroglio di Forza Italia ha avvertito fra i primi: «Il problema adesso è chi governa, visto che gli estremisti di Rifondazione si sono rafforzati rispetto ai moderati della Margherita». Bruno Ferraccioli della Lega Nord era già al lamento: «Abbiamo pagato l’assenza di Umberto Bossi». Hanno richiamato tutti più tardi: «Ma non ha vinto di netto l’Unione?». Il centrodestra non aveva le bottiglie in fresco, ecco. Si aspettavano la débacle, la batosta. Erano già all’analisi della sconfitta, tutti. Enrico Nan il coordinatore ligure di Forza Italia a dire che, sì, «Forza italia è comunque il primo partito» ma abbiamo perso e quindi dovremo porci delle domande, certo «è stato un errore perdere l’alleanza con i pensionati», e anche «non ha funzionato la politica delle tre punte voluta da Fini e Casini», con Bornacin a rintuzzarlo: «Senza le tre punte chissà dove saremmo, invece».
E poi a ruota libera. Chi disegnava scenari, come Aldo Praticò e Demetrio Praticò di An: «Adesso non si sognino di fare il partito unico del centrodestra, servono regole, la sconfitta va analizzata, dobbiamo domandarci quanto abbia influito la strategia centrista di Fini». Chi già puntava il dito sugli alleati: «Bisogna che ci guardiamo in faccia - diceva furioso Gianni Plinio il capogruppo di An in Regione -, e in Liguria l’Udc ci deve dire cosa vuole fare da grande, visto che nelle ultime votazioni, anche politicamente significative, in consiglio regionale è risultata la ruota di scorta della maggioranza di centrosinistra». Chi già si sentiva accerchiato, come Roberto Bagnasco il capogruppo in Provincia di Forza Italia: «Ora avremo un governo centrale di centrosinistra e, per quanto riguarda la Liguria, enti locali per la maggior parte di centrosinistra. Questa è una grossa responsabilità per la coalizione ma è anche una difficoltà per la dialettica democratica». E poi i partiti minori, Gregorio Catrambone del Nuovo Psi all’urlo di: «Io l’avevo detto», che, «fatelo dire a uno stagionato della politica», questo «sistema bipolare è forzato perché l’Italia non è bipolare», e insomma qui «ha perso l’Italia», comunque «la Rosa nel pugno ha fallito, è ora di ricostituire l’unità socialista». E Paolo Franceschi dell’Msi: «Il sistema ci obbliga a schierarci ma noi non siamo di destra né di sinistra, abbiamo aderito alla CdL perché ha accolto alcune nostre proposte programmatiche», col tono di chi si vabbè ma tanto è stato tutto inutile.
Tutti pronti a rimboccarsi le maniche, comunque, a ripartire dal territorio, a ritrovare il rapporto con gli elettori e via così ricostruendo che, per dirla con Gabriella Mondello di Forza Italia: «Comunque vadano le elezioni il Paese è diviso a metà e bisogna tornare alla politica dialogata. Me ne sono resa conto nel corso di questa campagna elettorale, andando in giro, ho capito quanto la gente abbia bisogno di spiegazioni, di parlare».
Ci sono stati pochi sinceri. Cristina Morelli dei Verdi, che dal basso del suo 2 per cento non ha mai cantato vittoria: «Non sono soddisfatta. Mi aspettavo qualcosa di più, sia a livello regionale che nazionale. Le cose possono ancora cambiare, ma mi aspettavo un risultato diverso». In serata gli scenari nazionali erano ancora incerti, inaspettati, nuovi, chi a ipotizzare un governo tecnico, chi a paventare l’immobilismo del Paese, chi a consigliare nuove elezioni.
Adesso che il futuro resta appeso al premio di maggioranza, rimbombano nelle orecchie l’analisi di Sandro Biasotti: «Anche una vittoria per 5 punti sarebbe ben poca cosa», la gioia di Roberto Cassinelli il coordinatore genovese azzurro: «Gli elettori di Forza Italia erano solo in libera uscita, li abbiamo riportati a casa. Il partito ha sicuramente recuperato e non possiamo che essere soddisfatti», gli elogi di Beppe Costa il capogruppo di Forza Italia in Comune: «Berlusconi ha fatto bene ad alzare il tono, perché questo ha consentito di entrare nel merito delle tematiche. Credo che i toni decisi utilizzati dal premier siano serviti per riportare molti elettori al centrodestra». E le parole di Luigi Morgillo il capogruppo azzurro in Regione.

Pensava di aver perso senza appello, quando le ha pronunciate nel primo pomeriggio: «Il centrosinistra è un anno che canta vittoria e si sparisce poltrone, noi del centrodestra da un anno invece cerchiamo di non rassegnarci alla sconfitta».

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