Intanto cominciamo con il dire che è una ragazza madre. Mamma di una bambina molto piccola, per di più. E dunque se in mano, anziché biberon e pasta Fissan, tiene una spranga, beh, sarà mica colpa sua? Brucia le auto, tira le pietre, spacca la testa dei poliziotti, ma poi alla fine della manifestazione va a cambiare il pannolino. Come non si può stare dalla sua parte? Non ne conosciamo il volto, ma sicuramente dev’essere un volto buono. Roba da aureola. Ce lo garantisce Repubblica , il quotidiano indignados, che da qualche giorno ha fatto partire l’Operazione Simpatia,altresì detta «Adotta un teppista e fallo parlare a briglia sciolta».
Due giorni fa il giornale ha intervistato un black bloc che raccontava come erano state nascoste le armi in piazza, ieri ha intervistato la mammina sfasciacrani: entrambi i colloqui si sono caratterizzati per il ritmo incalzante delle domande. La raffica di interrogativi posti dai colleghi («Quale?», «Loro chi?», «Come si definisce?», fino all’insuperabile «È stato giusto devastare Roma?») hanno messo i criminali alle strette, come nemmeno uno stuoino sgualcito avrebbe saputo fare.
Speriamo che domani non ci tocchi una terza intervista, magari a una manifestante zia (di una nipote piccola), altrimenti l’ultima domanda potrebbe essere: «Le possiamo offrire un tè?». Violenta, ma necessaria: non si scappa dalle grinfie dei giornalisti-verità. D’altra parte, se una mammina passa il sabato a lanciare sassi e bastoni contro la polizia, che cosa le si può obiettare? Nulla, si capisce. Lei è precaria, «furiosa», «non riesce ad arrivare a fine mese », e dunque quando «racconta il suo giorno di guerra» bisogna starla ad ascoltare in devoto silenzio. Prego. Dica. Ma si figuri. La prima impietosa domanda è: «Lei si definisce una black bloc?». Roba da inchiodarti lì. Poi il tono dei quesiti diventa, se possibile, ancora più aggressivo: «È stato giusto devastare Roma?». Notate bene: l’intervistatore di Repubblica poteva anche chiedere:«Ma c’era il sole o la pioggia? Lei preferisce il Colosseo o il Pantheon?». Invece no: spietato fino in fondo ha voluto sentire il parere della black bloc intorno al tema «è giusto oppure no devastare Roma, opinioni a confronto».
E quando mamma violenza dice che «bruciare le vetrine ha un senso » e «incendiare i Suv pure», la replica stringente qual è? Una domanda che metterebbe in difficoltà chiunque: «Cosa ha fatto durante la manifestazione?». Ma come «cosa ha fatto durante la manifestazione»? O razza d’un tappetino col microfono in mano. Te l’ha appena detto:«Sfasciava vetrine » e «incendiava Suv». Magari sarebbe il caso di far notare alla mammina che le suddette pratiche non sono proprio da giardino d’infanzia.E invece,nulla:l’intervistatore non fa altro che prendere atto delle dichiarazioni. E chiosa: «Con la polizia c’è stata una battaglia durissima».
Accidenti, che obiezione forte. Che osservazione ficcante. La ragazza è perfino in difficoltà a replicare: «Tutta la mia violenza era rivolta alla polizia ». E poi: «Loro rappresentano lo Stato. E io sono anarchica». Fine dell’articolo, tanti saluti e arrivederci. Lunedì con l’intervista al black bloc «figlio della buona borghesia », Repubblica non era stata meno impertinente. Quello parlava di campi di addestramento in Grecia, di organizzazione a falangi, si definiva«uno in guerra».
E gli intervistatori (nell’occasione due, per non dargli proprio scampo) lo mettevano alle strette con una serie di domande stringenti. Queste le prime quattro: «Vi preparate?»,«Quale master?», «Quale organizzazione avevate? », «Quale?». Tutto qua, ebbene sì. E il resto è anche peggio. Nemmeno un’obiezione,nemmeno una presa di distanza. Più che un’intervista, roba da trottolino amoroso dududadada. Che ci volete fare? Evidentemente, da quando il ricco finanziere che odia la ricca finanza s’è schierato al fianco degli indignados, a Repubblica hanno pensato di dedicarsi anima e corpo alla nuova Opa, Operazione proteggi gli anarco- insurrezionalisti.
E quindi sono passati rapidamente dal mestiere dei giornalisti a quello dei fiancheggiatori. Pensate un po’ la nemesi: proprio loro, che sulle domande hanno costruito una fortuna, proprio loro che si vantano di porre quesiti scomodi a tutti, proprio loro che quando c’è di mezzo Berlusconi levano interrogativi come se fossero mazze da baseball, ebbene proprio loro, di fronte ai criminali che hanno devastato Roma, si scoprono mansueti come agnellini. Più che fare i cronisti, fanno i portavoce.
Più che realizzare interviste, stendono tappeti, naturalmente rossi. Più che denunciare i violenti, ne sembrano ammaliati. Come fossero i militanti di una nuova Lotta continua. O meglio, visto la facilità d’infatuazione, Cotta continua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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