(...) I capelli lunghi. La barba incolta. Una stampella che servirebbe per alzarsi appena da quella sedia in soggiorno. Ma lui ce la fa soltanto per le fotografie. Tommy è un anziano come tanti a Genova. Soltanto che non ha nessuno adesso. Niente figli. Anche se molti bambini, fino a qualche anno fa, gustavano le sue caldarroste. Quelle vendute a un euro all'angolo tra via Ceccardi e via Venti Settembre.
Tommaso Lofredo, 74 anni, invalido civile, si alza qualche secondo e poi ripiomba, quasi immobile, su quel piccolo scranno accanto al tavolaccio pieno di immondizia. La mano trema. La voce pure. Non mangia dall'altro ieri sera. È da solo. Una prima compagna, convivente, che è morta una decina di anni fa. La seconda, stavolta moglie, portata via da un'ambulanza una dozzina di giorni fa fino al Dimi. Leucemia. Problemi respiratori. Chissà quando tornerà in quel buco che sembra la Volpara in via del Colle 58 interno 3. Sta una cinquantina di metri sopra la storica e maestosa Porta Soprana. A due passi dalle poltrone degli amministratori regionali. In centro città. Mica nel Terzo Mondo. Che il palazzo, di proprietà di Arte, l'azienda delle case popolari del Comune, non è nemmeno tanto brutto. Lì intorno le case le vendono a oltre tremila euro a metro quadrato. Non c'è la luce nelle scale. Se ne fregano, ovviamente. E la porta al secondo piano è, da alcuni giorni, sempre aperta. Fortuna che non ci vanno i tossici e i marocchini a rubare. Nemmeno loro, forse per la puzza, osano entrare. Basta un fiammifero. Un corto circuito. La calderina, mai cambiata dal proprietario dell'alloggio, e nemmeno revisionata. Una scintilla. Qualsiasi cosa. Quei chili e chili di sporcizia, sacchetti pieni di rifiuti, scatoloni e scatolami sparpagliati ovunque e l'unto in ogni angolo. Un incendio e c'andrebbe dimezzo anche l'appartamento della signora di sopra. L'unica che, in maniera caritatevole, almeno fino all'altra sera, ha dato a Tommy da mangiare e da bere.
Genova città solidale. Che bello slogan. Soprattutto quando è solidale con i nomadi. Per loro e per il campo a Bolzaneto una trentina di migliaia di euro. Con gli italiani, pare, nisba. Di sicuro non con Tommy.
«Mesi e mesi senza vedere l'ombra di un assistente sociale - racconta Tommy - eppure, quando potevo, aiutato da mia moglie, ci sono andato alcune volte ai servizi sociali del Comune. Conoscono la nostra situazione da cinque anni. Ma quelle, le assistenti sociali, la odiano mia moglie. Prendo una piccola pensione di invalidità. Poi ci sono i 440 euro ogni due mesi per la casa che mi dovrebbe dare il Comune. Questi ultimi ce li hanno tolti. Per affitti arretrati non pagati, dicono. Con quei soldi ce la facevamo a tirare avanti. A mangiare, dico. Almeno quello. Ora ci taglieranno pure la luce. Non vogliono nemmeno pagarci la bolletta, quando gli zingari si allacciano gratuitamente alla rete dell'Enel».
Sarà pure sporco. Vivrà in una topaia maleodorante. Sarà anche invalido. Fermo su quella sedia cigolante dove pure ogni tanto dormicchia. Lunghe ore passate lì. Senza fare niente. Senza il minimo di un'assistenza. Ma Tommy non è mica così scemo.
«Il mio dovere, quando potevo, l'ho fatto - continua - la casa popolare era intestata alla mia convivente. Poi, tutto regolarmente, l'hanno passata a me. Ho sborsato pure una ventina di milioni a suo tempo. Fino a quando c'erano le condizioni non chiedevamo mica molto. Adesso sono da solo. Soltanto grazie alla vicina di casa e a un amico, che aveva pure avvertito altri giornali, sono arrivate finalmente, ma per la prima volta in casa mia, venerdì scorso le assistenti sociali. Finora non hanno fatto nulla».
E ci crediamo. Mica si può lavorare al sabato. Guai a pensarci di domenica. Fare una telefonatina a un'ambulanza per portare il signor Tommy in ospedale sarebbe stata un'impresa. Ugualmente, forse, per trovargli un posto letto nelle straripanti corsie. Troppe altre pratiche da sbrigare. Magari la maggiore parte per nomadi e extracomunitari. Mica per altre persone anziane come Tommy. Impossibile contattare, almeno per noi, le assistenti sociali. Si rifiutano di parlarci.
«Parlano soltanto con me - spiega il consigliere della lista Biasotti Franco De Benedictis - con te non vogliono. Vabbè. Anche loro non hanno tutti i torti. Avranno ricevuto ordini dall'alto. Da chi sta seduto in poltrona e celebra la Città Solidale. Un fatto incompiuto. Almeno a Genova. Almeno con gli anziani italiani».
Sarà senza dubbio solo un caso, una coincidenza. Ma dopo lrrivo dei giornalisti, dei fotografi, qualcosa si muove. Intanto un carabiniere di quartiere rileva la situazione. Probabilmente fa rapporto, segnala quel che accade. Nel pomeriggio arriva unambulanza che accompagna Tommy al Galliera. «Non vogliamo farne un caso politico. È il lato umano che non va bene - insiste De Benedictis - Salire in quell'alloggio in pieno centro a Genova, sembra entrare in uno scantinato da paese del Terzo Mondo. Con tutto rispetto per quei paesi poveri ovviamente. Stringe lo stomaco, insomma.
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