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«Vivo in Germania ma il mio mito è sempre Uto Ughi»

Con la brava e bella Natasha Korsakova, così graziosa che la maison Biagiotti l’ha voluta come testimonial, si tocca quota sei. Nel senso che è da sei generazioni che i Korsakov sono violinisti. Un albero genealogico musicalissimo il cui ramo più pregiato corrisponde al nome di Nikolaj Rimskij Korsakov: sì, proprio il celebre compositore russo, collega di Musorgskij, autore fra le tante cose di Shéhérazade e di una pagina come il Volo del Calabrone.
Natasha Korsakova, stasera e domenica all’Auditorium Cariplo, è cresciuta a Mosca, in un nido musicale con pochi pari. E’ figlia e allieva del celebre Andrej e nipote di Boris. Mamma è la pianista greco-russa Yolanta Miroshnikova.
Per anni ha fatto duo con sua madre. Poi?
«Mi sono trasferita in Germania e lei, dopo la morte di mio padre, ha troncato con la carriera concertistica. E comunque a un certo punto ha deciso di stare il più vicino possibile al secondo marito, Antonio Caprarica, quindi s’è trasferita a Londra, poi a Roma».
Come si sono conosciuti i suoi genitori?
«A un concerto all’ambasciata italiana di Mosca».
Caprarica è direttore di Radio Uno e dei giornali radio Rai, ha una lunga permanenza in tv. Discutete del fatto che le emittenti Rai trascurano la classica?
«Capisco la naturale tendenza a lamentarsi, ma in Italia, le tv e radio di Stato offrono spazi maggiori rispetto a quanto accade in altri Paesi. Io non mi lamenterei. E comunque non conosco nei dettagli la situazione italiana, vivendo a Bonn».
Però l’italiano è assai fluente.
«Visito spesso i miei genitori a Roma, lavoro con artisti e società concertistiche italiane».
Ha suonato pure in Quirinale alla presenza di Giorgio Napolitano.
«In quell’occasione ho incontrato Uto Ughi. I miei genitori lo avevano invitato senza dirmi nulla, e per fortuna, altrimenti immagino quanto sarei stata nervosa. Finito il concerto, lui venne a salutarmi in camerino, e da quel giorno siamo diventati amici. Ho suonato anche per il suo Festival Omaggio a Roma».
Parla di amicizia. Si dice che Ughi abbia un bel temperamentino...
«Io lo trovo molto solare. Certo, quando discutiamo di musica, non sempre condividiamo le stesse opinioni. Ughi era il mio idolo ancor prima di incontrarlo. Mio padre mi aveva portato dall’Italia un suo disco: avevo sette anni e fui subito colpita dal suo stile interpretativo».
Altri violinisti di suo gradimento?
«Fra gli italiani Giovanni Angeleri: adoro il suo Paganini, e Massimo Quarta. In assoluto, direi Viktoria Mullova, proviene dalla stessa scuola di mio padre, cioè da Leonid Kogan».
Curiosità. Fra le sei lingue che conosce, spunta il danese. Perché?
«Un mio fidanzato era danese. Decisi di agevolarlo imparando la sua lingua».
Ora?
«Sto in Germania da tredici anni e il fidanzato è tedesco: anziché imparare una nuova lingua, sono passata alla fase successiva, quella di perfezionamento».
Torna a Mosca di tanto in tanto?
«Non vi metto piede da undici anni. I miei amici dicono che è completamente cambiata. La cosa mi incuriosisce, e sono certa che prima o poi ci andrò».
Com’è nato l’incontro con Biagiotti?
«Sono molto attratta dalla moda in generale; nel corso di una sfilata a Milano ho conosciuto Lavinia Biagiotti che mi ha proposto di fare da testimonial.

Mi piace la linea di questa maison, la gamma è varia, proprio come i miei gusti musicali».
Si veste rispecchiando il tema del concerto?
«No, però l’idea è buona».
Cosa indosserebbe in omaggio a Bach?
«Abiti sobri. Diciamo minimal».

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