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Volevano staccare la spina, esce dal coma

Il fratello: «Se non fosse intervenuto il ministro della Sanità, avremmo chiesto ai medici di lasciarlo morire»

Volevano staccare la spina, esce dal coma

da Pistoia

Rischiava di trasformarsi in un tragico epilogo italiano alla Terri Schiavo. È finita invece nel migliore dei modi: Salvatore Crisafulli, dopo quasi due anni di coma si è risvegliato. E ieri è tornato a casa. Anzi per la precisione in quella del fratello, a Monsummano Terme, in provincia di Pistoia. Il suo calvario - e quello della sua famiglia - iniziò l'11 settembre del 2003, quando l’uomo, padre di quattro figli, rimase vittima di un incidente stradale a Catania: un furgone lo investì mentre viaggiava sulla sua Vespa per andare al lavoro. Da quel giorno iniziarono i viaggi della speranza da un centro all'altro e le cure prestate in casa, senza l'aiuto di specialisti. Il fratello Pietro smise di lavorare per poterlo assistere: nella sua abitazione fu creato un circuito di telecamere per poterlo vedere da tutte le stanze, venne fatto un diario clinico come se Salvatore fosse ricoverato in ospedale, le piaghe che si formavano sul suo corpo venivano curate creando una camera iperbarica locale, con ossiggeno-terapia. Tutti i giorni l’uomo veniva poi stimolato continuamente con la riabilitazione motoria, due volte la settimana veniva messo in vasca idromassaggio e tutti i giorni su una carrozzina. Tutto questo senza nessuna assistenza esterna. Poi, alla fine di aprile, esasperato, Pietro lanciò un grido di aiuto alle istituzioni: «Se nessuno ci aiuterà io staccherò la spina a mio fratello. Tanto farlo continuare a vivere così per altri dieci anni non servirebbe a nulla, se non ad acuire le sue sofferenze e quelle della mia famiglia».
«Ci hanno chiesto per curarlo una cifra esorbitante - lamentava il fratello di Salvatore - circa 10mila euro al mese. In Austria 33mila euro e 20mila in Svizzera. Cifre impossibili: noi dove li prendiamo tutti quei soldi? Io non lavoro e la pensione di invalidità di Salvatore ancora non si vede. Com'è possibile chiedere così tanto per curare una persona? Se le cose non cambieranno - aggiunse il fratello dell'uomo - io mi vedrò costretto a prendere la decisione più terribile della mia vita: far morire mio fratello, così come è morta Terri Schiavo».
La vicenda finì su tutti i giornali e le televisioni nazionali, suscitando una vasta eco nell'opinione pubblica. Del caso si occuparono il ministro della Salute Francesco Storace e la Regione Toscana, che trovò, nel 2004, la soluzione trasportando il paziente nel centro di neuro-riabilitazione dell'ospedale San Donato di Arezzo, per un ciclo di cure riabilitative. Cure che sono proseguite intensamente in tutti questi mesi. Fino al miracolo. Secondo la relazione dei medici dell'ospedale aretino Salvatore era affetto da «stato secondario parzialmente assimilabile a sindrome Locked-in». Insomma, sarebbe stato cosciente come ha sempre sostenuto suo fratello Pietro. Quando Salvatore è tornato, ieri sera, nella casa del fratello Pietro a Monsummano Terme, è scoppiato a piangere.
«Dopo tante battaglie - ha detto commosso il fratello Pietro - finalmente Salvatore è stato seguito con l'adeguata professionalità. Devo dire grazie al ministro Storace, alla Regione Toscana e all'Asl di Pistoia che in questi mesi non ci hanno mai abbandonato. Grazie a loro abbiamo avuto le cure migliori. Abbiamo deciso di portare mio fratello a Catania, perchè lì potrà ritrovare il suo ambiente familiare». Nei prossimi giorni, con un aereo messo a disposizione dal ministero della Sanità, ritornerà nella sua città natale dove dove potrà iniziare il piano di trattamento stilato dal centro di neuro-riabilitazione di Arezzo.
Nei mesi scorsi Francesco Storace, appena nominato ministro della Salute, aveva incontrato Pietro Crisafulli assicurandogli l’assistenza del ministero e di fronte a lui aveva telefonato al presidente della Regione Toscana Claudio Martini chiedendo un intervento diretto della Regione e mettendo a disposizione anche un rappresentante del ministero, per rispondere alle richieste della famiglia. «Non siete più soli», avevo detto il ministro all’uomo.

Promessa mantenuta.

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