Volkswagen, adesso tocca alla Passat BlueMotion

da Berlino

Nelle more della ricerca è preziosa l’iniziativa di quelle case che mettono sul mercato modelli che possono già contribuire alla riduzione degli inquinanti, come Volkswagen che, dopo aver lanciato, con buoni risultati, la Polo BlueMotion, affida ora il medesimo compito alla Passat che porta lo stesso nome. È una mossa coraggiosa (si salta il segmento della Golf), perché ci si rivolge a un pubblico più esigente, in termini di prestazioni, rispetto alla piccola di Wolfsburg. E, per funzionare, il programma BlueMotion richiede la decisiva condivisione da parte dell’automobilista.
Il modello di base è la Passat 1.9 TDI da 105 cv, munita di filtro Dpf, Berlina e Variant che, attraverso una serie di modifiche al propulsore e ad altri accorgimenti, come la maggiore pressione degli pneumatici, consuma il 12% in meno (5,1 litri per 100 km) rispetto alla versione standard, mantiene le emissioni di CO2 abbondantemente sotto la soglia dei 140 gr/km e, dettaglio non trascurabile, porta l’autonomia a 1.370 chilometri.
Altri vantaggi concreti non ve ne sono, perché è improbabile che i 1.000 euro in più da spendere per una BlueMotion (la Variant costa 27.200) rispetto alla standard possano essere compensati, nell’acquisto di un’auto come la Passat, dall’incentivo alla rottamazione.

Ma non ci sono nemmeno svantaggi dal punto di vista delle prestazioni, perché la BlueMotion offre il piacere tipico di uno dei «classici» di Volkswagen e mantiene inalterate l’elevata qualità costruttiva e la completezza di equipaggiamento del livello Trendline. Indispensabile, per avvicinarsi ai consumi dichiarati, il passaggio da una marcia all’altra quando questo viene richiesto attraverso un indicatore luminoso al centro del quadro strumenti.

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