Vancouver 2010

Vonn, la regina delle nevi ha già il primo oro al collo

Lindsay, più forte degli infortuni, si conferma padrona dello sci. Solo la Mancuso le sta vicino: doppietta Usa. Nona la Recchia. Ma la pista, con neve dura e molto tecnica, fa "strage" di concorrenti

Vonn, la regina delle nevi ha già il primo oro al collo

Whistler Mountain - Meno male è finita. Non senza danni, visto che Anja Paerson potrebbe aver chiuso qui la sua avventura olimpica, ma insomma, per come si stavano mettendo le cose poteva anche andare peggio. Gara da brivido la discesa femminile, su una pista difficilissima e durissima, preparata alla meglio dopo il maltempo degli ultimi giorni, con pioggia, neve, infine il freddo che ne ha reso il fondo irregolare, un susseguirsi di gobbette, buchi, grumi che facevano sbattere gli sci. Se a ciò si aggiunge la lunghezza, quasi 1'50" davvero insolita per una discesa femminile, l'alternarsi di luci e ombre visto che il tracciato scorre tutto in mezzo al bosco, beh, il mix diventa esplosivo e la prima gara del programma femminile si è trasformata in un thriller ricco di suspence.

Ha vinto la più forte, e questa è la nota positiva della giornata, ha vinto Lindsey Vonn, dimostrando di avere gambe e cuore, e questa non è una novità, ma anche e soprattutto forza mentale, perché dopo le lunghe pause seguite alle cadute di Gisin e Merighetti lei è rimasta calma, sapendo che al comando c'era l'atleta che lei teme e patisce più di tutte, la compagna di squadra Julia Mancuso, campionessa olimpica di gigante quattro anni fa, un titolo che a lei mancava, e seconda dietro a lei anche nell'unica prova disputata lunedì. «Sono partita convinta, volevo a tutti i costi vincerla questa gara, alla fine ce l'ho fatta pur con una discesa tutt'altro che perfetta, ho sbagliato davvero tanto…». Avesse visto le altre, forse cambierebbe idea.

Fin da subito si è capito che la discesa ieri sarebbe stata una gara da ricordare. Gli skimen arrivati dalla ricognizione parlavano di pista terribile, dura e mossa, con variazioni di neve da una zona all'altra. Pietro Vitalini, ex discesista azzurro famoso per il suo coraggio e i suoi voli spettacolari (non per niente il suo soprannome era Alitalia), sembrava addirittura preoccupato per le donne: «Credo sia la discesa femminile più tosta della storia». Non aveva torto.

Soprattutto la parte finale, dove si arrivava con le gambe stanche, la mente poco lucida e soprattutto poca dimestichezza con il tracciato, mai provato da cima a fondo, ha creato tantissimi problemi. A inaugurare la serie di errori è stata la svizzera Dominique Gisin, appena rientrata da un infortunio al ginocchio, che atterrando male all'ultimo salto ha rischiato davvero grosso, meno male aveva il paraschiena. Dopo di lei è toccato a Dada Merighetti, che l'ultimo salto l'ha affrontato a pancia in giù, senza sci, perché era caduta appena prima. Il pubblico si è divertito, lei un po' meno, perché stava andando bene e alla fine l'unico ricordo della sua discesa olimpica sarà un'escoriazione sul mento. Brutto ricordo di questa gara avrà anche e soprattutto Anja Paerson, lanciatissima verso una medaglia (almeno il bronzo sarebbe stato certo, Lizzy Goergl ringrazia), ma che all'ultimo salto, sempre lui, è arrivata in ritardo di linea, arretrata dunque, ed è letteralmente decollata. Se la Merighetti sull'ultimo schuss sembrava un'atleta dello skeleton, Anja ha invece emulato i saltatori, volando alta, altissima, riuscendo a riprendere il controllo in volo ma atterrando poi male, con le ginocchia completamente piegate a sopportare tutto il suo peso (che non è poco). La grande paura del primo momento (si è tenuto ad un infortunio analogo a quello di Nadia Fanchini, entrambe le ginocchia distrutte) è rientrata, sembra che Anja ora stia bene, il papà dice addirittura che potrebbe essere in pista per le prossime gare. E durante l'ennesima lunga pausa seguita alla caduta della svedese, Lucia Recchia, brava a chiudere intera e al nono posto, diceva che questa gara è stata «una battaglia» e che le difficoltà non stavano tanto nella velocità, ma nella discontinuità del terreno che faceva «perdere il controllo degli sci e affaticare i muscoli più del dovuto». «Io credo che le ultime non dovrebbero farle partire» sentenziava invece Daniela Merighetti, ma nessuno le ha dato retta e alla fine abbiamo assistito ad un'altra brutta caduta, quella della rumena Edith Miklos, finita all'ospedale in elicottero.

È finita, ha vinto la più forte, evviva, the show must go on.

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