Welfare, sì in fabbrica. Prc vota no
11 Ottobre 2007 - 11:03Protocollo approvato, ma nelle grandi fabbriche la bocciatura è sonora. La Fiom lancia l'accusa di brogli mentre il Prc avverte che si opporrà in Consiglio dei ministri. Il premier snobba le tute blu: "Non si può essere tutti d'accordo"
Roma - Protocollo promosso dal complesso dei votanti e bocciato nelle grandi fabbriche del Paese. Soprattutto nelle roccheforti operaie, luoghi simbolo come la Fiat Mirafiori. Che - paradosso rilevato da Giorgio Airaudo, leader della Fiom torinese schierato con il «no» - è «una fabbrica che sta bene, che è stata rilanciata, e che nei prossimi mesi tornerà ad assumere». Ieri a urne ancora aperte sono cominciate a piovere i risultati del referendum tra lavoratori, pensionati e lavoratori atipici sull’intesa raggiunta da governo e parti sociali il 23 luglio. All’inizio quelli diffusi da Rifondazione comunista. Già in mattinata il responsabile economia del Prc Maurizio Zipponi annunciava - tra le proteste dei colleghi di coalizione e, soprattutto, dei sindacati - che «dove pulsa il lavoro, nella grande e media industria » stava prevalendo il no; «un messaggio a Prodi».
Poi sono arrivati i numeri
della Fiom-Cgil relativi ai
metalmeccanici. Infine quelli
quasi ufficiali delle segreterie
confederali, costrette
a interrompere un flusso di
informazioni che stava andando
in una direzione indesiderata.
All’inizio i sì erano dati all’
82 per cento. Poi tra il 70 e
l’80 per cento. Comunque
una vittoria «netta e al di là
delle aspettative», hanno
commentato insieme i segretari
generali di Cgil, Cisl
eUil GuglielmoEpifani, Raffaele
Bonanni e Luigi Angeletti.
Dati «fasulli», hanno ribattuto
i sostenitori del no.
Quel risultato, ha spiegato
Giorgio Cremaschi di Rete
28 aprile, componente della
sinistra Cgil, è «ottenuto
sommando solo le aziende
dove ha vinto il sì».
A non far tornare i conti
sono i primi risultati arrivati
dalle fabbriche. Sicura la
vittoria dei no in tutti gli stabilimenti
Fiat con percentuali
che vanno dall’80 per
cento di Mirafiori e Cassino
all’85 per cento di Melfi fino
addirittura al 92 per cento
di Pomigliano d’Arco. Noanche
all’Ansaldo (67 per cento),
Fincantieri di Napoli
(91 per cento) e l’Electrolux
(80 per cento). Risultati bilanciati
da qualche sì al Protocollo
come quelli dell’Ilva
di Taranto (oltre il 70 per
cento), della Tissenkrupp di
Terni (79 per cento di sì) e
del Nuovo Pignone
(79 per cento). Nel
complesso, secondo
la Fiom tra le
484.507 tute blu che
hanno votato, i no
hanno raggiunto il
53 per cento dei consensi.
Stima che contraddice
quanto annunciato
da Epifani,
Bonanni e Angeletti
e cioè una «netta vittoria
del sì» al referendum
sul welfare
«anche tra gli operai
».
Ma a fare arrabbiare
Cremaschi -
che ieri si è fatto portavoce
di chi contesta
la consultazione
e chiede addirittura
che si ripeta il voto -
è il risultato tra i pensionati:
il 73 per cento.
La categoria dalla
quale tutti si aspettavano
il sostegno
decisivo al sì, secondo
i dati ufficiali,
avrebbe approvato l’intesa
ispirata dal ministro del Lavoro
Cesare Damiano con
una percentuale inferiore
alla media. «Impossibile»,
argomenta Cremaschi, sicuro
che la ragione di un eventuale
vittoria netta dei sì vada
cercata altrove. E cioè in
una «zona grigia» determinata
dal voto esterno ai luoghi
di lavoro nei quali, per
inesperienza o assenza di
regole, si sono verificate irregolarità.
Accanto al no dei Cipputi,
ci sono i sì arrivati da intere
categorie. In particolare
quello degli statali dove il
protocollo è stato approvato
con circa il 73 per cento
dei consensi. E c’è stato un
boomdell’affluenza negli ultimi
due giorni di voto. Cioè
subito dopo - commenta un
leader della Funzione pubblica
- la denuncia di brogli
da parte di Marco Rizzo. Ma
è probabile che statali e dipendenti
degli enti pubblici
si siano convinti, più che
per il contenuto del Protocollo,
per le concessioni fatte
con la finanziaria, in particolare
per quanto riguarda
la assunzione a tempo indeterminato
dei precari. E
non è un caso che il sì abbia
vinto anche nelle società di
servizi agli enti pubblici.
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