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Woodcock, vittima dal suo stesso metodo

Il magistrato napoletano scopre quanto è brutto essere vittima dell'abuso di intercettazioni e della loro diffusione incontrollata; ma perché se ne accorge solo ora?

Woodcock, vittima dal suo stesso metodo

Il metodo anti Woodcock, in ef­fetti, è uno scandalo. E lo sapete perché? Perché assomiglia in tut­to e per tutto al metodo Woo­dcock. Se fossimo dei fan della leg­ge del contrappasso potremmo di­re che al magistrato delle inchie­s­te vip è stata applicata l’antica re­gola del «chi la fa l’aspetti»:in fon­do quel che di ( brutto) gli è succes­so è né più né meno che quello di (brutto) lui faceva succedere agli altri. Uso abnorme delle intercet­tazioni, superamento dei limiti formali e territoriali, ricorso al gos­sip giudiziario: quello che sareb­be stato messo in campo contro Woodcock è esattamente quello che lui metteva in campo contro le sue vittime. Sia chiaro: lui è in­nocente. Ma anche molte delle sue vittime lo erano. Però, per lo­ro, chissà perché non si è mai indi­gnato nessuno…

Invece per Woodcock sì, sono tutti indignati. Il Sacro Coro delle Penne Riunite da qualche giorno sta spandendo ettolitri d’inchio­stro per deprecare giustamente la macchina infernale messa in cam­po da un gruppo di magistrati per cercare di delegittimare cinque lo­ro colleghi, a cominciare appun­to da Henry John. Sia chiaro: se tut­to questo sarà dimostrato i re­sponsabili dovranno pagare, in primis i due capi della presunta «associazione», cioè i sostituti procuratori di Potenza, Gaetano Bonomi e Modestino Roca. Ma quello che sfugge al Sacro Coro, tutto impegnato a difendere l’eroe di Vallettopoli, abbando­nando cautele e condizionali d’obbligo, è un piccolo particola­re: che differenza c’ètra il metodo applicato contro Woodcock e quello che lui applicava contro i suoi indagati?

A prima vista, pare assai poco. In entrambi i casi siamo di fronte a: abuso di intercettazioni, telefo­ni controllati quando non avreb­bero dovuto esserlo, raccolta di in­form­azioni al di fuori della compe­tenza dei magistrati, illecita diffu­sione di notizie che riguardano la vita privata. Cosa c’è di diverso se finisce sui giornali la foto di Woo­dcock che fa footing con Federica Sciarelli o la telefonata di Vittorio Emanuale con la prostituta Alice? Far pubblicare il gossip su una presunta amante è più grave che far pubblicare le telefonate in cui l’erede Savoia parla di bambine e sardi?

Woodcock è innocente, si dirà. Anche Vittorio Emanuele lo era, come dimostrato dalle inchieste. Entrambi, dunque, sono finiti (in­nocenti) al centro di una macchi­na che li ha infangati, meritano en­trambi la solidarietà. Soltanto che di una macchina John Henry è vittima, dell’altra è il manovale. Tirare in ballo le amiche solo per­ché personaggi televisivi è scan­daloso, ci ripetono indignati i gior­nalisti del Sacro Coro.

Che c’entra la conduttrice Rai Sciarelli? Già: non c’entra nulla. Più o meno co­m­e la conduttrice Rai Anna La Ro­sa, infangata con presunte accuse che sono cadute nel nulla. Ci scan­d­alizziamo tutti per la Sciarelli vit­tima del metodo anti Woodcock, d’accordo.Ma dov’erano gliindi­gnados quando Anna La Rosa ri­maneva vittima del metodo Woo­dcock?

Dicono i bene informati che gli autori del metodo anti-Woo­dcock avevano messo in piedi questo sistema capace di sfrutta­re i giornali di gossip perché vole­vano guadagnare prestigio e visi­bilità. Ma guarda un po’:non mira­va ad acquisire prestigio e visibili­tà anche John Henry? Non è per quello che le sue inchieste sfonda­vano i confini della competenza territoriale e andavano a cercare nomi noti, da titolo sul giornale, in giro per l’Italia?Non è per quel­lo che dalla fino allora dimentica­ta Procura­di Potenza sono passa­ti tutti i volti possibili della Tv e del jet set?

Come vedete, alla fine, tra meto­do Woo­dcock e metodo anti Woo­dcock ci sono molte analogie e po­che differenze. Entrambi mirano a mettere una persona nel frullato­re, senza preoccuparsi del fatto che sia colpevole o meno, ma dan­zando lunga la linea sottile della credibilità. In entrambi entrano in gioco magistrati che esondano rispetto alle loro funzioni. In en­trambi si scivola dalla giustizia al gossip, dai fatti accertati ai pette­golezzi. L’unica vera differenza, a pensarci bene, è che le vittime del metodo Woodcock, pur essendo innocenti, a volte sono finite in carcere. Quelle del metodo anti Woodcock, per fortuna no.

E dunque, a questo punto, se fossimo fan del contrappasso, ri­peteremmo: chi di spada feri­sce… Ma siccome il contrappasso non ci piace, e il metodo anti Woo­dcock ci fa orrore tanto quanto il metodo Woodcock, ci limitiamo a una gentile richiesta: mentre ci indigniamo tanto per il trattamen­to cui è stato sottoposto il pm da copertina, qualcuno potrebbe gentilmente ricordargli che è, più o meno, lo stesso trattamento cui lui sottoponeva le sue vittime? Senza nessun rancore, sia chiaro: solo per chiedergli una testimo­nianza.

Solo per sapere in presa di­retta l’effetto che fa.

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