Zapatero, cattivo maestro Se vince la sinistra finisce (male) come in Spagna

La stampa italiana esalta la protesta degli indignados e la "arruola" per dimostrare che spira un "vento nuovo" anche in Italia. Ma ce l’hanno con Zapatero

Zapatero, cattivo maestro 
Se vince la sinistra finisce 
(male) come in Spagna

Una cento mille Puerta del Sol. Evviva: i media italiani hanno scoperto il nuovo mito della revolucion. Come impedirlo? Scomparso il popolo viola, seppelliti i girotondi, archiviato il neo-femminismo del «se non ora quando», dovevano pur trovare una piazza in cui riconoscersi, no? Ecco fatto: la piazza di Madrid. E così los indignados di Spagna sono già stati adottati, i loro slogan rimbalzano sulle nostre prime pagine («Se non ci lasciano sognare, non li faremo dormire», «Non siamo antisistema, è il sistema che è antinoi», etc). E il coro del conformismo sempre pronto ad alzare la voce nelle redazioni italiane, non riesce a nascondere un rigurgito d’orgasmo, un sussulto di nostalgia sessantottina: dai che ci siamo, è un nuovo maggio. Ce n’est qu’un debut. Sono tornate le barricate. El pueblo unido jamas sera vencido.
Giuro: ieri i giornali strillavano con rinnovato entusiasmo l’antico slogan. Proprio quello. E non pareva vero ai nostri reporter inti illimani di ripeterlo riga dopo riga. Però, ecco, magari dimenticavano di sottolineare con altrettanta forza per quale motivo el pueblo della Spagna s’è unido sulla pubblica piazza. Forse, allora, vale la pena sgombrare il campo dagli equivoci e chiarire che i ragazzi di Madrid non stanno protestando contro Berlusconi, e nemmeno contro i tagli di Tremonti, e nemmeno pensate un po’ contro la tremenda Moratti e gli errori sull’Expo 2015. Macché. Protestano contro José Luis Rodriguez Zapatero. Proprio lui, il compagno Zapatero, l’idolo delle sinistre, il faro del socialismo europeo, il nuovo sol dell’avvenire. Sol dell’avvenire tramontato piuttosto in fretta, per la verità.
Eppure ricordate che sbornia? Zapatero uomo di larghe vedute, Zapatero che celebra i matrimoni gay, Zapatero che rilancia l’economia, che aiuta i giovani, che si oppone all’oscurantismo della Chiesa. Zapatero che «io faccio come lui» (diceva Prodi), che «dà energie positive» (diceva Veltroni), che «io lo conosco prima e meglio di tutti gli altri» (diceva D’Alema). Zapatero che magari sparava ai clandestini, ma comunque erano pallottole democratiche e progressiste, perché ora e sempre «Que Viva Zapatero», come recitava il documentario di Sabina Guzzanti. Mentre Crozza cantava il suo irresistibile sfottò alla sinistra italiana: «Ma porque, ma porque, ma porque, ma porque, asì non c’è... Zapatero, Zapatera! L’un per cento de tu carisma me serve aqui, Zapatero, Zapatera!».
Ebbene, a conti fatti, potremmo dire, con buona pace del guitto di Ballarò, che per fortuna Zapatero Zapatera «asì non c’è». E per fortuna non c’è mai stato. Per l’amor del cielo, anche noi abbiamo i nostri guai, ma in confronto a quelli della Spagna, sono bruscolini. I dati sono impietosi: il miracolo iberico si è schiantato, la gestione della crisi economica internazionale è stata pessima, il Pil s’è fermato (-3,7 per cento nel 2009, - 0,1 per cento nel 2010), il rapporto deficit Pil è salito al 6 per cento (due punti più dell’Italia), la disoccupazione oltre il 20 per cento (per la prima volta dopo gli anni Ottanta) e la disoccupazione giovanile addirittura al 45 per cento. «Nos quedamos en la plaza, no tenemos casa», gridano i ragazzi di Madrid. Ci fermiamo in piazza perché non abbiamo la casa. E poi ditemi se non hanno buone ragioni per essere indignados.
Ma, ecco, lo ripetiamo: sono indignados innanzitutto con il governo Zapatero. Saranno pure apolitici, apartitici, neutri come il sapone Roberts, canteranno le canzoni di Bob Dylan imparate dai loro genitori come riportano i sognanti reportage inti illimani. Tutto quello che volete. Ma sono stati ridotti così dalla fallimentare politica socialista. Vorremmo ricordarlo all’editorialista del Messaggero che ieri ce l’ha menata con la sociologia per due colonne nel tentativo di rispondere alla domanda: «Che cosa vuol dire la piazza spagnola». In effetti, in mezzo a tante dotte riflessioni, il collega ha dimenticato la risposta più semplice: la piazza spagnola vuole dire, prima di tutto, che se a governare i periodi di crisi ci stanno le sinistre, ben che vada si finisce con la disoccupazione giovanile al 45 per cento. Que Viva Zapatero, certo. Ma gli altri muoiono. Di fame.
Lo diciamo per mettere le cose in chiaro perché sentiamo crescere, fra l’inchiostro e le redazioni della rive gauche, un sinistro entusiasmo per i ragazzi di Madrid. Ci avete fatto caso? È già partita la retorica della generazione Internet, ma com’è bella la revolucion degli internauti, lotta dura e Facebook senza paura, il libretto rosso dei pensieri di Twitter, il modello di piazza Tahrir, un’altra Cairo, un’altra Tunisi, la primavera araba che dilaga in Europa a macchia di e-mail, mettete un blog nei vostri fucili. Il trotzkista Marco Ferrando è già corso nelle piazze spagnole, Beppe Grillo pure, ha anche messo on line del suo patetico incontro con l’unico ragazzo che, non avendo nulla da fare, lo ha degnato di uno sguardo. Ora, ammesso che i giovani di Puerta del Sol reggano alla prova del doppio incontro con Ferrando e Grillo, bisognerebbe per lo meno evitar loro il torto di trasformarli in sostenitori di Pisapia e De Magistris.

Il pericolo c’è: già immaginiamo i prossimi servizi da Madrid degli inviati di Annozero e Ballarò, che andranno a recuperare sul campo istruzioni per l’uso della revolucion; già immaginiamo i commenti da studio del Pd di turno, del grillino e del vendoliano, che inviteranno tutti ad imitarli. Perciò mettiamo le mani avanti: d’accordo, imitiamoli pure. Siamo anche noi indignados. E dunque siamo pronti a occupare le piazze, proprio come fanno loro. Per contestare la sinistra.

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