Il passato non è mai del tutto passato in Russia. L'emblema di questa verità è la salma di Lenin, che da 84 anni veglia sulla piazza Rossa di Mosca e che, nonostante proteste e polemiche sul suo grado di decomposizione, difficilmente verrà trasferita altrove. Ci sono figure storiche, poi, la cui presenza è meno tangibile, ma aleggiano come fantasmi nell'immaginario russo e a intermittenza si materializzano, spesso per finire vittime di strumentalizzazioni politiche del momento. È il caso dell'ultimo zar di Russia Nicola II e del dittatore che ne ereditò il potere, Josif Stalin.
Tra lultimo imperatore e il sanguinario leader sovietico il duello non è sopito, ma oggi si consuma in tv e sul web. Ed è un testa a testa. Nella gara lanciata dalla emittente di Stato, Rossia, per eleggere la più emblematica figura storica del Paese, Stalin (263mila voti) ha guidato le preferenze fino a lunedì, quando si è visto superare da Nicola II (267mila). I monarchici hanno lanciato una campagna di invito al voto; ricordano i crimini commessi dal «magnifico georgiano» e sostengono che Stalin non può spuntarla, perché non ha più alcuna presa sul russo moderno. Daltro avviso gli esponenti del Partito comunista, per i quali una vittoria del «piccolo padre» potrebbe addirittura legittimare la richiesta al Patriarcato di Mosca di dichiararlo «santo subito!».
Forse a determinare il sorpasso è stata la ricorrenza del 90° anniversario del massacro della famiglia Romanov ad opera dei rivoluzionari bolscevichi a Ekaterinburg. Ieri, mentre soldati e monarchici celebravano levento, è arrivata anche la «lieta» notizia: i resti rinvenuti nel 2007 sono quelli del tredicenne principe ereditario Aleksei e di una delle sue quattro sorelle, Maria. Mancavano solo loro allappello. Nel 1998 erano state identificate le spoglie degli altri Romanov. Vi era anche la granduchessa Anastasia, la cui presunta «scomparsa» aveva alimentato numerose leggende. Loperazione è stata faticosa, perché dopo lesecuzione si tentò di distruggere i corpi, poi gettati in una fossa.
Nonostante le polemiche, la Chiesa russo-ortodossa ha fatto dei reali un simbolo della persecuzione religiosa, canonizzandoli tutti e sette «per martirio».
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