La zuppa oggi si occupa di soldi veri e soldi virtuali. Partiamo dai secondi che costano di meno e rendono di più. E vi raccontiamo un’operazioncina di finanza pura, smontata solo di recente, che dà bene il senso del casino in cui ci troviamo. Banca spagnola, piuttosto mal messa. I suoi «ratio» patrimoniali, insomma il suo capitale, non erano sufficienti. Il colpo viene in mente a una geniaccio italiano.
Eccolo. Si costituisce una Sicav, più o meno un
fondo comune di investimento, in Lussemburgo. La Sicav viene riempita di titoli di stato tedeschi supersicuri: pessimo
rendimento, ottima qualità. La provvista viene fatta dalla banca,
solida, del nostro eroe. Alla banca spagnola (la storia è un po’ più
complicata, ma la sostanza è questa) vengono dati i diritti di voto
nella Sicav. Una mossa che per la legge spagnola dava la possibilità
dimettere in bilancio la partecipazione come propria. La banca solida
e che aveva comprato i titoli tedeschi ha però la facoltà di
riprendersi il diritto di voto in ogni momento. La morale di questo
giochetto finanziario è semplice: la banca spagnola grazie alla
partecipazione nella Sicav ha aumentato la sua dotazione di capitale. E
la banca solida ha fatto un bel po’ di commissioni. Tutto
perfettamente legale e tutto perfettamente falso. Il castello di carte è
saltato. E ormai le banche sono le prime a non fidarsi reciprocamente
dei propri bilanci.
Ma soldi finti, continua a dire uno che i
soldi li ha davvero come Diego della Valle, sono anche quelli dei
grandi vecchi del nostro salotto buono. Il suo primo attacco, andato
in porto, è stato nei confronti di Cesare Geronzi. Un grande
banchiere, ma che nei consigli di amministrazione non poteva certo
vantare di esserci per i quattrini che personalmente aveva investito.
È difficile credere che Della Valle si fermi. È noto come abbia
aperto un nuovo fronte anche in Rizzoli-Corriere della Sera. Nell’ultimo
patto di sindacato aveva chiesto che si
snellisse la quota sindacata e si mettesse il resto sul mercato.
Proposta non accolta. Soprattutto dal dominus di via Solferino:
Giovanni Bazoli. Ecco, c’è da scommettere che Della Valle riparta
all’attacco, sul secondo grande ciambellano del nostro capitalismo.
Soldi virtuali e soldi veri. In un momento in cui le quotazioni di
tutta la Borsa sono crollate, in cui gli imprenditori liquidi sono
pochi e le società si portano via alla metà dei prezzi fatti prima
dell’estate, chi ha il «grano » tira su la testa. Ne vedremo delle
belle in Rizzoli. E il nuovo fronte sarà quello di Bazoli. Aspettare
per credere.
Ps: c’è un certo imbarazzo per la successione di Emma
Marcegaglia in Confindustria. I candidati sono sostanzialmente rimasti
in due: Giorgio Squinzi (uno che a proposito di aziende vere, ne ha una
che si conosce in tutto il mondo, la Mapei) e Aurelio Regina (molto
appoggiato dal giro di Luigi Abete, past president di viale
dell’Astronomia). Rocca, l’uomo dei tubi di Dalmine e non solo,si è
tirato fuori. E in questo modo ha creato un buco. Al nord, l’anima
di Confindustria che si autodefinisce progressista, non ha più alcuna
alternativa a Squinzi.
Qualche maligno sostiene che alla fine dal
cappello uscirà di nuovo Abete. E con Della Valle più forte in Rcs,
Montezemolo con un ruolo in politica e Abete di nuovo in Confindustria,
il cerchio magico di Berlino si chiuda. Anche questa appare
fantafinanza.
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