Riceviamo e pubblichiamo.
Si precisa che, riguardo alle vicende narrate nell’articolo sottostante, il signor Ruggiero Jannuzzielli è stato assolto, con sentenza del 9 novembre 2011, dalla Corte d’Appello di Milano, sezione III penale, per intervenuta prescrizione del reato.
E pensare che per il vecchio Eugenio Cefis lingresso nella gloriosa casa daste era stato - dopo i fasti e gli infasti di Montedison - il ritorno alla ribalta delle cronache economiche. Ieri, a quasi ventanni da quellingresso e a sei anni dalla morte di Cefis, sui vertici di Finarte sono arrivate le condanne per il vortice di fatture false e imbrogli fiscali in cui la maison si è andata a impantanare negli ultimi anni. E dove a fare effetto, più dei singoli reati e degli importi non astronomici, è il retroterra che vi si intuisce. A partire dallaspetto più sconcertante, la figura del personaggio che faceva da sponda a Finarte nellimbroglio, e che poi con la sua denuncia avrà un ruolo decisivo nel dare il via alle indagini della Guardia di finanza: Pasqualino Inzitari, un mediatore darte torinese con a carico inchieste per ricettazione, assegni a vuoto e porto abusivo darmi. Un signore, insomma, che stupisce un po ritrovare nel salotto buono della piccola Sothebys nostrana.
A venire condannati sono Adolfo Cefis, erede del grande Eugenio, e Giorgio Corbelli, il sanguigno romagnolo - già presidente del Napoli Calcio - che trasformò Finarte, dopo la fusione con Semenzato, in unappendice del mondo televisivo e delle sue aste sopra le righe. Due anni e due mesi a Cefis, un anno e otto mesi a Corbelli, otto mesi a Ruggiero Jannuzzelli, anche lui - per un breve periodo - ai vertici del consiglio damministrazione. Assolto Stefano Zorzi, pure lui ex presidente del cda, difeso dallavvocato Davide Steccanella, e che ha spiegato come i pochi mesi passati alla guida dellazienda non gli consentirono di prendere davvero il controllo di quanto realmente accadeva sotto linput degli azionisti.
Nelle indagini delle Fiamme gialle seguite alla denuncia dellInzitari è emerso un po di tutto: a partire dallinestricabile intreccio di quattrini che ruotava intorno alle sponsorizzazioni sportive targate Finarte volute a tutti i costi da Giorgio Corbelli, come quella della Olympia basket di Milano, controllata allepoca dal medesimo Corbelli, con il risultato che per capire chi davvero pagasse lo stipendio di campioni come Warren Kidd e Martin Rancik ci si è dovuto fare largo in un dedalo di società offshore. O come lambizioso tentativo di impadronirsi dellabbazia di San Gregorio, a Venezia.
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