Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica
Anche per la P4 sono migliaia le pagine dell’accusa pronte a finire sui giornali. Sono contenute nella richiesta d’arresto, negli oltre 100 interrogatori dei testimoni, nei numerosi verbali di Luigi Bisignani, nelle intercettazioni telefoniche che in gran parte - secondo il gip - non debbono essere utilizzate. Un’inchiesta mastodondica, quella dei pm Curcio e Woodcock, che il giudice ha in gran parte ridimensionato facendo propri solo tre dei diciannove capi di imputazione. Sono tantissimi i pesci grandi e piccoli, della politica e dell’imprenditoria, ad esser finiti nella rete dei sostituti napoletani. In cima alla lista, oltre a Luigi Bisignani, presunto «dominus» dell’associazione c’è Gianni Letta. Per i suoi rapporti con l’amico Luigi, per la vicenda della candidatura del deputato Papa, per quanto riguarda l’esistenza di una lobby massonica in capo a Bisignani, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio era/è finito nel mirino dei magistrati che lo hanno interrogato a lungo l’8 febbraio scorso a causa di un presunto via-vai di informazioni riservate su indagini top secret che lo avrebbero riguardato. Nell’indagine c’è finita, suo malgrado, anche il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e quella alle Pari opportunità Mara Carfagna. A quest’ultima, ascoltata come persona informata sui fatti, sarebbe stata mostrata una fotografia con il deputato Papa in compagnia di un soggetto misterioso, che anche la ministra ha dichiarato di non conoscere. Fotografia al centro di una più complessa interrogazione parlamentare firmata da numerosi esponenti del centrodestra su presunti pedinamenti (vietati per legge) di deputati e senatori. Non ha trovato conferme nell’entourage del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini una sua convocazione in procura anche se il suo nome comparirebbe negli accertamenti della guardia di finanza. Di fronte ai pm napoletani è sfilato certamente il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, sfiorato in precedenza dall’inchiesta P3. Tra i politici presi a verbale c’è anche il finiano Italo Bocchino (accusato da Bisignani di avergli spifferato la notizia dell’esistenza dell’inchiesta P4), l’ex Fli-attore Luca Barbareschi (sfilato in procura il 24 febbraio 2011 per una questione inerente un teatro) e «mister centomila preferenze», Alfredo Vito, vicinissimo a Fli. Poi ecco Michele Vietti, storicamente fedelissimo di Casini, oggi vicepresidente del Csm. L’elenco conta anche Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, ma non Denis Verdini, coordinatore del partito citato nelle intercettazioni, convocato ma allo stato non ancora interrogato. Faccia a faccia anche per Valter Lavitola, editore dell’Avanti!, mentre da Palazzo Chigi sono arrivati al centro direzionale di Napoli il capo dipartimento Editoria, Elisa Grande, e Antonio Ragusa, capo del dipartimento Risorse strumentali. A dispetto di quel che si è letto su alcuni giornali, mai è stata interrogata il sottosegretario Daniela Santanché, al contrario del consigliere regionale del Pdl campano, Fulvio Martusciello. Solo boatos, ma nessuna conferma, sul passaggio negli uffici giudiziari napoletani di Paolo Cirino Pomicino.
Cambiando sponda politica è stato costretto a dare spiegazioni l’ex leader della Quercia, e attuale presidente del Copasir, Massimo D’Alema. In contatto, perché portato da Bisignani, con il direttore dell’Aise-Sismi, Adriano Santini. A sua volta sentito dai pm il 15 dicembre 2010, dopo l’interrogatorio (avvenuto il 2 dicembre) del generale dei servizi militari Giuseppe Santangelo. Anche Luca Cordero di Montezemolo spunta nelle carte. É lunga la fila dei manager di Stato interrogati. I più importanti ci sono tutti. Dall’ex dg della Rai, Mauro Masi,a Mauro Moretti, ad di Fs, passando per Paolo Scaroni, ad di Eni (dai pm anche il responsabile delle relazioni esterne di Eni, Stefano Lucchini) fino al numero uno di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini (interrogato l’8 febbraio scorso), e al responsabile pubbliche relazioni della stessa azienda, Lorenzo Borgogni (ascoltato il 12 marzo). Sotto la lente d’ingrandimento dei pm sono finiti anche due ex consiglieri di Romano Prodi, Francesco Micheli (non indagato) e Angelo Rovati interrogato insieme all’amico Anselmo Galbusera, titolare della Italgo-Delta finita nell’inchiesta Why not per aver fornito utenze telefoniche proprio all’entourage di Prodi. E poi Roberto Mazzei, presidente del Poligrafico dello Stato. Sentiti anche molti magistrati ed ex magistrati. Il capo degli 007 di via Arenula, Arcibaldo Miller, l’ex presidente della corte d’appello di Salerno, Umberto Marconi, il «magistrato onorario» Pasquale Lombardi (indagato per l’inchiesta sulla P3), il capo della procura di Nola, Paolo Mancuso. A verbale, per un filone collegato, anche il vice di Tremonti, Marco Milanese. Nell’indagine è finito anche il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, l’ex portavoce della Marcegaglia, Rinaldo Arpisella e quello del sindaco di Roma, Maurizio Basile, l’ex capo della security di Telecom, Giuliano Tavaroli.
(ha collaborato Simone Di Meo)