MilanoQuello che la storia divide, il denaro - a volte - lo unisce. Cosha a che fare un guru della finanza internazionale con due boss di Cosa nostra? E cosa centra una regina dei salotti con una famiglia mafiosa emigrata in Canada? Strano, ma centrano. Uniti dallingorda linea del guadagno. Pupari i boss, marionette i vip. Così, tirando i fili della finanza internazionale, la Procura e la Guardia di finanza di Milano scoprono che i clan, smessa la lupara, indossano il colletto bianco. Puntano forte in Borsa, e sfruttano linfluenza di professionisti del settore e personaggi del jet set. E, chiusa uninchiesta sulla manipolazione del titolo «Infinex», notificano lavviso di conclusioni indagini a 18 persone. Nellelenco dei nomi, tra gli altri, compaiono anche quello di Stefano Masullo e Micaela Gioia. Il primo è considerato un vate della finanza mondiale. La seconda è una raffinata signora della Milano bene, figlia di Niccolò (ex direttore generale della Fiat), e frequentatrice dei più mondani tra i circoli del capoluogo lombardo. Sono accusati di associazione per delinquere, insider trading e aggiotaggio. In breve, si sarebbero adoperati per muovere «Infinex» sulla giostra di piazza Affari. E così arriva il trait dunion con la mafia. Perché «Infinex» - secondo gli investigatori - è gestita dai fratelli Roberto e Antonio Papalia, ed è di proprietà di Vito Rizzuto, capo mandamento per il Canada di Cosa nostra e al vertice di una delle più note famiglie del crimine organizzato.
Un dettaglio importante. A Masullo e Gioia viene contestato larticolo 416 del codice penale, non il 416-bis. Associazione per delinquere, dunque, ma non di stampo mafioso. Per gli inquirenti, cioè, non è dimostrato un legame diretto e consapevole tra i due e i boss. Tuttavia, la Procura ritiene che laffare, per il clan Rizzuto, ci sia stato eccome. Un botto da 15 milioni di euro in quattro anni contando anche sulle consulenze finanziarie del guru, e sul passaparola negli ambienti della ricca borghesia industriale e finanziaria di Milano. Per ogni operazione sul titolo, Masullo e Gioia (come gli altri indagati) avrebbero intascato una commissione. Alterando, però, il mercato. Come? Diffondendo false notizie sulla società, spingendo piccoli risparmiatori a investire sul titolo, consigliando lamico industriale o il conoscente dal sangue blu. E pilotando così landamento azionario. Mentre, dallaltra parte delloceano, i Rizzuto e i Papalia passavano allincasso. Nellelenco degli indagati compare anche un altro nome già noto alle cronache del market abuse. È quello di Mario Berton, finito nei primi anni 90 in uninchiesta della Procura di Milano sul crac della finanziaria «Intervalori». Gli altri indagati sono broker (alcuni peraltro abusivi) e dipendenti di società di intermediazione mobiliare. Tanti pupazzi nelle mani dei clan. Nel gennaio 2006, divulgarono linformazione privilegiata che la Infinex - quotata a Milano, New York e Berlino - avrebbe acquisito il 50% dei diritti di estrazione di oro in una grossa miniera in Cile, e appartenenti a tale Francesco Rodolfo. Falso. In Borsa, però, il titolo fece un bel salto. I boss tentarono anche di mettere le mani sulla Società di intermediazione mobiliare (Sim) milanese. In quel caso, operazione fallita.
Di certo, i nomi di Stefano Masullo e Micaela Gioia - che stando ai risultati investigativi operavano e guadagnavano illecitamente ma senza sapere di «ingrassare» le famiglie mafiose - spiccano nellelenco dei magistrati milanesi. Perché il primo ha il curriculum di un profeta della finanza: segretario generale dellAssociazione italiana consulenti di investimento, docente alluniversità di Lugano, autore di 21 best sellers aziendali (uno di questi è pure diventato un testo obbligatorio alla Bocconi di Milano), direttore di riviste di settore. Niente di meno. La seconda, invece, è nota soprattutto alle cronache mondane.
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