Ex vescovo indagato: «Si intascava l'8 per mille»

Avrebbe sottratto alla diocesi oltre un milione di euro

Valentina RaffaLe vie del Signore sono infinite, ma quelle percorse dall'ex vescovo di Trapani, Francesco Miccichè, non sono proprio legali. Stando, infatti, all'inchiesta della procura di Trapani, che si sta avviando alle battute finali, l'alto prelato si sarebbe appropriato dei fondi dell'8 per mille destinati alla diocesi. Oltre un milione di euro che avrebbe rimpianguato le sue tasche cominciando con l'acquisto di appartamenti e ville, come quella di Monreale dove Miccichè vive da due anni e mezzo con la sorella, da quando cioè è stato destituito dall'incarico e dove ha messo su persino un B&B. Per la serie «aiutati che Dio t'aiuta» l'ex vescovo ha persino tentato di fare ricadere sul suo ex economo don Antonino Treppiedi la colpa dei gravi ammanchi registrati negli ultimi tre anni dei fondi, per ben oltre un milione di euro, destinati dalla Santa Sede alla diocesi di Trapani, tutti provenienti dall'8 per mille. Ecco perché Miccichè deve rispondere oltre che di appropriazione indebita e malversazione anche di diffamazione e calunnia. Le Fiamme gialle sono riuscite a ricostruire tutti i movimenti economici dell'alto prelato, tra trasferimenti bancari e persino false fatture che gli avrebbero consentito di acquisire ingenti somme poi investite per i suoi folli acquisti. Miccichè avrebbe anche fruito dell'aiuto dell'allora direttore della Caritas di Trapani, don Sergio Librizzi, condannato per violenze e reati sessuali, che nell'ultimo periodo avrebbe raccontato diversi particolari agli inquirenti.Ci sarebbe stata una sorta di do ut des, per cui Miccichè avrebbe chiuso gli occhi sui rapporti hot che Librizzi chiedeva a giovani stranieri per mettere una buona parola nell'iter di concessione del permesso di soggiorno, e Librizzi avrebbe firmato al vescovo false attestazioni sull'utilizzo dei fondi dell'8 per mille. Ma c'è di più.

Perché le indagini si sono estese anche al conto che il prelato ha allo Ior, con un deposito di 400mila euro, cifra troppo alta rispetto agli introiti di un un monsignore. Da indiscrezioni emerge che il prelato avrebbe tentato di avvicinare papa Francesco per chiedergli un incarico e la cittadinanza in Vaticano, che gli avrebbero consentito di sottrarsi alla giurisdizione italiana.

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