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I tedeschi già pronti a fare muro

Tra le ipotesi del piano Draghi più investimenti comuni. E l'idea irrita i "frugali" del Nord

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L'azione coordinata dei due ex premier italiani, Mario Draghi ed Enrico Letta, è iniziata. Il calcio d'avvio può essere considerato quello di ieri, alla conferenza sui diritti sociali di La Hulpe, non lontano da Bruxelles, dove hanno parlato entrambi. A fare più rumore è stato il discorso di Draghi, ma il protagonista dei prossimi giorni sarà Letta: domani al Consiglio Europeo sarà presentato il suo rapporto sul Mercato Interno. Quanto al report sulla competitività affidato all'ex Presidente della Bce la data ufficiale della presentazione ancora non c'è: sicuramente dopo le elezioni di giugno, probabilmente nel primo vertice utile successivo al voto (anche se molti gruppi al Parlamento avevano chiesto che la data fosse anticipata perché il documento diventasse oggetto di dibattito elettorale).

Draghi è stato nominato da Ursula von der Leyen e dalla Commissione, l'incarico a Letta è stato affidato da Charles Michel e dal Consiglio Europeo. Vista la rivalità tra i due esponenti della politica di Bruxelles si era parlato di un curioso derby giocato per interposta persona. In realtà Draghi e Letta, pur su strade separate, sembrano procedere di concerto. E per il momento ricevono unanimi e protocollari elogi. «I loro rapporti ci indicano la strada del futuro», ha detto la presidente della Commissione von der Leyen. Unica voce un po' sorprendente quella dell'ungherese Victor Orban, che vede la von der Leyen come il fumo negli occhi e che si è dichiarato contrario alla sua conferma. Interpellato dai giornalisti su un eventuale incarico affidato a Draghi, lo ha elogiato: «Mi piace Draghi, non so se... lo rispetto, è una brava persona».

Per il futuro, però, l'ex numero uno della Banca Centrale non può aspettarsi una strada tutta in discesa. I problemi arriveranno, come ovvio, quando si parlerà di soldi. Uno dei nodi centrali del suo documento, secondo le anticipazioni, sarà il tentativo di colmare il gap di investimenti registrato in Europa rispetto ad altre aree, come per esempio gli Stati Uniti. Tra gli obiettivi ci sarà quello di mobilitare le risorse private (tema a cui si dedica anche Letta con la proposta di creare un'«Unione del risparmio e degli investimenti», abolendo i confini nazionali nel settore). Anche il pubblico dovrà però fare la sua parte. Gli «aiuti di Stato» da nazionali potrebbero diventare europei, con la nascita di un fondo comune un po' sul modello dell'Ira (Inflation Reduction Act) americano, che potrebbe essere finanziato in comune.

Il tema è: chi pagherà? O meglio: i Paesi del Nord accetteranno di mettere in pool le risorse? I più diffidenti sembrano, come al solito, i tedeschi. Un recente articolo di Der Spiegel metteva a confronto le posizioni di Draghi con il programma elettorale voluto dall'attuale segretario della Cdu Friedrich Merz: «Tutte le forme di responsabilità della Germania per i debiti di altri Stati riceveranno un chiaro rifiuto». «Un manifesto anti-Draghi non potrebbe essere scritto più chiaramente», concludeva il giornale. Lo stesso atteggiamento potrebbero avere gli altri cosiddetti «frugali» come Olanda o Austria. Anche se dalla parte di Draghi giocano due fattori importanti. Da una parte la drammaticità della stagnazione in cui perfino la Germania è precipitata.

Dall'altra il vuoto di leadership continentale che apre spazi amplissimi di fronte all'ex banchiere centrale.

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