Fausto Biloslavo
Regole dingaggio blande hanno portato al disastro la missione di pace in Bosnia, il comando dellOnu sarà raccogliticcio e nessuno disarmerà gli hezbollah. Non è ottimista il generale Carlo Cabigiosu, che in questa intervista al Giornale si chiede cosa andiamo a fare in Libano. Veterano degli alpini ha comandato le truppe Nato in Kosovo e svolto fino al gennaio 2005 il ruolo di consigliere militare a Bagdad.
Generale, quanto tempo ci vorrà per schierare 3.000-3.500 soldati italiani in Libano?
«Lipotesi di inviare i primi uomini in due settimane mi sembra realistica. Ovviamente ci sarà una certa gradualità nello schieramento. Arriveranno per prime le cosiddette enabling forces, ovvero i reparti che rendono possibile il sopraggiungere degli altri creando una cornice di sicurezza, la base logistica e il comando tattico. Lavanguardia potrebbe essere costituita da 7-800 uomini, ma si tratta di ipotesi. Inoltre è probabile che allinizio il comando sia imbarcato su una nave, come è avvenuto con la San Marco nella prima fase della missione Antica Babilonia in Irak».
Quali sono le unità più indicate per svolgere questa difficile missione?
«Il presupposto deve essere quello di andarci adeguatamente armati per imporre una certa deterrenza alle varie forze in campo, in particolare agli Hezbollah e garantire la difesa del nostro contingente. Penso che ci voglia un misto di unità dotate di carri armati o blindo pesanti e reparti di fanteria, più agili, per mantenere il controllo del territorio».
Il comando sarà affidato allOnu. Pensa che sia la scelta giusta?
«Non solo non ci sarà un nuovo comando, ma questo contingente dovrebbe essere guidato dallUnifil (la missione delle Nazioni Unite dal 1978 in Libano, nda) che già esiste. Anche se francesi ed italiani lo rafforzeranno resterà sempre un comando raccogliticcio».
Le regole dingaggio sono un nodo complesso da sciogliere. Secondo lei la forza devessere combat?
«Lesperienza ci insegna che le forze schierate in missioni di pace, non adeguatamente armate, rischiano di provocare dei disastri come è capitato a Unprofor nei Balcani. Ci sono state delle missioni in cui era permesso portare solo mortai da 81 millimetri, mentre dallaltra parte avevano lartiglieria pesante. Lautodifesa non basta».
LOnu è in Libano da una vita. Quanto dovrebbe rimanere questo nuova forza dinterposizione?
«Al di là di riportare la normalità penso che il contingente deve imporre una presenza stabilizzatrice in tutta laerea, ammesso che le varie fazioni siano disponibili ad accettare tale presenza e non la vedano come uninvasione occidentale in territorio arabo. È la prima volta che si inserisce un contingente armato di queste proporzioni, composto da truppe occidentali, nel cuore del Medio Oriente. Ricordiamoci che fino a ora i caschi blu erano in numero nettamente minore, con un ruolo unicamente di osservatori armati di carta e penna».
Quali sono i pericoli maggiori?
«Il pericolo maggiore viene dalle milizie Hezbollah. La comunità internazionale deve decidere come incasellare gli Hezbollah, se si vuole riportare alla normalità il Libano».
Uno dei problemi più evidenti è proprio il disarmo di Hezbollah. Lei cosa ne pensa?
«Penso che Hezbollah possa disarmare solo se decidesse di farlo volontariamente. In questo momento non cè nessuno in grado di attuare un disarmo forzato delle milizie sciite.
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