Stavolta a ballare sono le cifre. Nervose, irrequiete, sgambettanti. Si esibiscono in un ballo vivace, acrobatico, magari un rock’n’roll. Troppe acrobazie, però, troppi salti, possono far perdere l’intesa tra i partner e una piroetta rischia di tramutarsi in un clamoroso scivolone. Con il pubblico che fa oooooo, di meraviglia. Ministero dell’Economia e Tv di Stato dovrebbero filare d’amore e d’accordo. E ballare anche loro sotto le stelle (con la benedizione di Ballandi). Invece no. Litigano sui conti, baruffano sul bilancio, berciano sul deficit. La cifra diffusa ieri dal Bollettino del Dipartimento delle Finanze del ministero non combacia per niente con il numero dato dalla Rai radiotelevisione italiana. Anzi, vanno ognuno per conto proprio.
Per l’Erario, mica l’ultimo arrivato, nei primi due mesi del 2011 l’introito da canone di abbonamento (938 milioni di euro) ha registrato una flessione del 37,5 per cento, pari a 562 milioni in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Se questi dati fossero confermati, equivarrebbero a una vera fuga di telespettatori. O almeno a un’evasione fiscale di massa degli abbonati. A sentire la Rai, però, i dati riportati dal Bollettino del Dipartimento delle Finanze sono «completamente errati». Perché invece, dicono da Viale Mazzini, in gennaio e febbraio le entrate da canone hanno avuto «un incremento di oltre 15 milioni rispetto» al 2010. Sommando, tra il meno 562 e il più 15, ballano 577 milioni. Una forbice bella divaricata. Che Mauro Masi tenta di richiudere con un’ardita opera di conciliazione degli opposti. «Nessun contrasto tra i dati Rai e quelli provenienti da altre fonti istituzionali inerenti alla raccolta del canone del primo bimestre 2011», asserisce il direttore generale. Spiegando che «le apparenti diversità promanano esclusivamente da banali problematiche di natura contabile», peraltro definite nell’ambito «della tradizionale e massima collaborazione» tra il ministero e la Rai. Sarà. Tuttavia, Masi nei panni di una Milly Carlucci prodiga di mediazioni per ricomporre la danza risulta poco credibile. Anche perché la sua poltrona è stata la prima a mettersi a ballare. Anzi, a scricchiolare. Al punto che c’è chi sospetta che il balletto delle cifre, il conto economico deficitario, la qualità dei programmi in netto calo, il farraginosissimo passaggio al digitale terrestre, insomma c’è chi sostiene che tutta la baracca si sia messa a scricchiolare da quando lui, Masi, ha inaugurato la politica del rinvio e dell’indecisionismo programmatico. Chi invece è decisa a dar battaglia su tutta la faccenda è l’opposizione. Ma i tasti su cui batte sono sempre i soliti. Deviando le responsabilità sul governo, il Pd chiede, per bocca di Vincenzo Vita, che il ministro delle Telecomunicazioni Romani vada in Parlamento a spiegare «i numeri ballerini». Mentre, con scarsa fantasia, l’Usigrai minaccia lo sciopero.
In attesa di chiarimenti, tra tanta incertezza sui conti, almeno un dato è sicuro: mentre le cifre ballano (male), gli abbonati scappano. Perché, già l’altro giorno, esaminando un periodo di tempo diverso e antecedente rispetto a quello analizzato dal ministero dell’Economia, anche la Corte dei Conti aveva lanciato l’allarme sul bilancio di Mamma Rai. Nel 2009 lo sprofondo rosso in Viale Mazzini è stato di 80 milioni di euro. Un buco dovuto principalmente all’evasione proprio del canone, stimata a fine anno intorno al 26,5 per cento, con un mancato introito per l’azienda di oltre 500 milioni di euro (cifra poco distante da quella di cui parla per l’anno in corso, il ministero dell’Economia). Secondo i magistrati contabili c’è il rischio che «il persistente sbilancio negativo tra ricavi e costi» assuma «carattere strutturale e dimensioni preoccupanti». Ecco perché si auspica un «inderogabile» taglio dei costi e una razionalizzazione delle strutture. Altrimenti...
Altrimenti, mentre numeri e cifre continuano a ballare sulle note di un’orchestrina d’antan, il Titanic rischia di andare a sbattere contro l’iceberg. No, non sarebbe un bello spettacolo. Ma magari qualcuno potrebbe farne un varietà per il sabato sera.
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