In 30mila rischiano la morte per i seni rifatti

In 30mila rischiano la morte per i seni rifatti

Lidia ha 37 anni e ha paura. Quattro anni fa è stata operata in un quartiere molto chic, sedicesimo arrondissement di Parigi. Per quattro mila e cinquecento euro si era rifatta i seni. Nessun problema fino ad oggi. Poi quell’annuncio le ha fatto cadere ogni certezza: entro la fine della settimana le autorità sanitarie francesi chiederanno a tutte le donne che portano le protesi in silicone della marca PIP di farsele rimuovere. Le protesi, concepite a partire da un gel non conforme, possono strapparsi e provocare, oltre a delle infiammazioni, dei tumori.
Silicone difettoso, pericoloso perché si potrebbe rompere in qualsiasi momento diffondendo il pericoloso liquido nel corpo. Lidia è una delle tante donne che ieri mattina è voluta andare al ministero della Salute a Parigi. Voleva capire, sapere di più, parlare con qualcuno. Davanti al ministero ha trovato una folla di donne disperate come lei. Non si conoscono, ma si abbracciano tra loro. Sono spaventate, deluse. «Quando ho sentito la notizia alla radio - dice Lidia - ho subito chiamato il mio chirurgo. Mi ha spiegato che le mie protesi non sono quelle a rischio. Eppure non mi sento tranquilla. Non voglio vivere con due bombe nel corpo». Vicino a lei c’è anche Elizabeth. Trema davanti all’idea del silicone avariato. Nel suo caso non si è trattato di un intervento estetico, ma riparatorio dopo un tumore al seno. E ora l’incubo potrebbe tornare.
Ora la Francia ha deciso di richiamare al più tardi entro il 24 dicembre trentamila donne per farsi rimuovere le protesi al seno cancerogene. Al più tardi entro il 24 dicembre. La notizia, riportata dai media locali, è stata confermata su Liberation da Agnès Buzyn, presidentessa dell’Istituto nazionale per il cancro, e da Jean-Yves Grall, direttore generale della Sanità. Una decisione, quella presa dalle autorità sanitarie francesi, che non ha precedenti. Eppure il governo di Parigi non ha dubbi sul legame tra il difetto della protesi e la comparsa del cancro. «L’urgenza è che tutte le donne che hanno protesi Pip vedano i loro chirurghi», si è limitata a dire ieri, in piena tempesta mediatica, la portavoce del governo, Valerie Pecresse.
La decisione arriva dopo che, negli ultimi mesi, sono stati rilevati otto casi di tumore al seno ritenuti collegati alle protesi e circa duemila donne hanno presentato denuncia contro la società Pip, che produce le protesi difettose; è stata anche aperta un’inchiesta per «omicidio involontario» dopo il decesso di una donna.
Il governo adesso si trova a dover affrontare due emergenze: identificare le portatrici delle protesi incriminate e gestire le operazione di espianto. «Se si tratta di un’urgenza sanitaria e di salute pubblica la nuova operazione sarà a carico dello Stato», ha assicurato poi la Pecresse.
Eppure queste protesi, benché fuori dal mercato da circa due anni, fanno paura anche in Italia. Sarebbero infatti circa 4-5.000 le donne che nel nostro Paese hanno una protesi di questo tipo. Il ministro della Salute Renato Balduzzi, alla luce dei fatti, ha convocato d’urgenza il Consiglio superiore di sanità per un parere.

Le protesi, fabbricate dal 2001 dall’azienda francese Poly implant prothese (Pip) ed oggi fuori dal mercato, sono finite sotto accusa poiché fabbricate con silicone diverso da quello dichiarato alle autorità sanitarie e destinato invece ad usi industriali. Resta un problema: molte pazienti potrebbero non essere a conoscenza del tipo di protesi che è stata loro impiantata, e dunque potrebbero non sapere di avere nel proprio corpo un impianto a rischio.

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