Ma a 40 anni ti senti più Claudia o Naomi?

Claudia Schiffer e Naomi Campbell compiono quarant’anni. E li festeggiano in modi differenti. I quarant’anni costituiscono un confine anagrafico di grande valenza psicologica e sociale. Oggi diverso, molto diverso, da ieri. Prima del ‘68 un quarantenne cercava, quantomeno, di dare l’idea di avere messo la testa a posto; le donne, mediamente, si apprestavano, con rassegnata dignità, ad affrontare la non lontana menopausa. Tuttavia avevano entrambi, l’uomo e la donna, un territorio (per lui il luogo di lavoro, per lei la casa familiare) nel quale generalmente avevano acquisito un ruolo e una funzione: occasione di orgoglio per loro e motivo di rispetto dagli altri.
La vecchiaia, allora ritenuta incalzante e inevitabile anche a quarant’anni, consentiva quasi a tutti di vivere una certa armonia psicologica tra spirito e corpo. Si accettava il trascorrere del tempo. Con l’eccezione di alcune donne che non rinunciavano al vezzo di tingersi i capelli diventati bianchi.
Per il resto contava molto l’esperienza acquisita nel vivere, la saggezza che viene con la maturità, l’ampiezza dei racconti personali da trasmettere alle nuove incuriosite generazioni. In particolare, le donne più adulte della famiglia erano ricercate da figli e nipoti perché sapevano insegnare, suggerire, consigliare, sui sentimenti, i comportamenti, il vestire, il cucinare. Insomma, si sapeva di diventare e come essere vecchi.
Oggi una donna a quarant’anni (e anche un po’ prima) viene invece presa dal panico, ha il terrore di invecchiare. Fa qualsiasi cosa per arrestare il tempo, nell’illusione di organizzarsi una giovinezza senza fine. Tra l’altro, umilia il suo corpo e la sua faccia per la vergogna di esibire rughe, pieghe e rotondità non più fermissime.
Si gonfia di botulino come i più patetici atleti fanno con gli anabolizzanti. Tutto questo perché è stato rimosso il volto del vecchio, e soprattutto della vecchia, dalle icone sociali: l’anzianità infatti viene giudicata come uscita dal ciclo della produzione e del consumo.
Non si dà valore alla crescita della personalità, alla saggezza, alla cultura; bensì all’immagine, al materialismo, al corpo. Alla produttività.
La crescita personale è apprezzata se è in beni e merci. E il corpo delle donne lo è diventato. Se sei vecchia, sei espulsa dal ciclo produttivo. Per tornare alle indossatrici, mentre la quarantenne Claudia, da tedesca concreta, non essendo più cercata dagli stilisti, perché ritenuta «vecchia» ha cominciato a sottoscrivere contratti milionari per pubblicizzare creme curative anti/age, la sua collega Naomi continua a credersi e a comportarsi come all’apice della sua folgorante carriera senza voler attraversare il tempo con la giusta consapevolezza.
E così fanno madri in concorrenza delle figlie per la taglia di reggiseno, conduttrici televisive in competizione con le veline, giornaliste e professioniste che svalutano le parole facendole uscire da bocche grottesche. Queste donne, inconsapevoli dell’importanza di un sapere e di un patrimonio spirituale che si accresce nel tempo e col tempo, continuano a essere asservite a quello che credono sia il sogno di ogni uomo: il desiderio di una, e per una, ragazzina è più eccitante di quello di una donna. Tanto più se adulta.
Le donne che la pensano così, e perciò ingaggiano contro il tempo una ridicola e penosa lotta a colpi di aghi, bisturi e palle di silicone, non onorano il volto del vecchio perché confondono l’eros col sesso.
L’eros è la relazione che si instaura con la vita, che permette di essere creativi, progettuali, di sentire emozioni e coltivare sentimenti potenti e duraturi, di essere connessi alla propria storia, al tempo che si vive e che verrà. Con energia. Il sesso ne è un simulacro: se ambito e vissuto per se stesso, porta all’accanimento terapeutico del corpo, alla finzione dell’esistenza e alla morte dell’energia vitale.
Non bisogna certo tornare a fare le massaie per essere appagate. Ma il miglior lifting per la dignità femminile, è ricominciare a investire su sé stesse. Anche da adulte. In una dimensione che nutra il pensiero, la curiosità, le competenze. Una dimensione non materiale, non visibile, non siliconabile da altri e per gli altri.
Senza pensare che la vecchiaia sia nello sguardo degli altri e senza attivare l’iniquo confronto tra desiderio e possibilità di soddisfarlo.


La ricerca del senso del proprio essere è attraverso la propria storia e non nel volere a tutti i costi ciò che manca. Le rughe si possono portare serenamente senza imbrigliare il tempo perduto e addirittura continuare a guadagnare proprio su quelle.
Come Claudia Schiffer e non come i chirurghi plastici.

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