«Il 6-7 giugno voto solo chi rinuncia alla paga da europarlamentare»

Caro direttore,
confesso: sono un qualunquista. Indefesso e della peggior specie. Per ricordarmi dell'ultima volta che mi sono avvicinato a un seggio elettorale devo tornare indietro di quasi trent'anni, quando fresco di liceo e impregnato di entusiasmi giovanili ancora credevo che il mio voto contasse qualcosa. Non ho mai avuto rimorsi. Ho continuato a respirare a pieni polmoni e narici spalancate, tenendomi a doverosa distanza dai seggi. Risparmiavo tempo, fatica e la rabbia di sentirmi preso in giro di chi faceva strame del mio voto, cioè della mia fiducia. Perché sia chiaro: io al mio voto ci tengo, forse anche troppo. E veniamo al punto. Le imminenti elezioni europee. Anche per i prossimi 6 e 7 giugno avevo progettato un rilassante week end fuoriporta, anche per allontanare ogni possibile tentazione di voto. Decisione confortata dalle ultime inchieste del nostro Giornale. Come mi si può chiedere di regalare 2 milioni e 150mila euro (più di quattro miliardi delle vecchie lire) a un eurofannullone? Quanti anni deve lavorare un italiano della classe media per mettere insieme 2 milioni e 150mila euro? E sottolineo lavorare, cioè svolgere un'occupazione che lo impegna per almeno otto ore al giorno per quasi 300 giorni l'anno: un eurodeputato, invece, porta a casa 430mila euro ogni dodici mesi per «lavorare» al massimo 120 giorni, sempre che si ricordi di passare per Strasburgo. Indignarsi, schifarsi, avvilirsi? Tutto mi sembra poco. Eppure... Eppure l'altro giorno ho avuto l'illuminazione. Come l'Archimede Pitagorico delle strisce Disney. La soluzione per porre rimedio a questo obbrobrio e compiere insieme il miracolo di portarmi ai seggi felice, c'è. Basta che un candidato annunci che rinuncerà alla sua futura «paghetta» dal primo all'ultimo euro, benefit di ogni genere compreso. E che anzi metterà mano al portafoglio (il suo, non il nostro) per raggiungere l'europarlamento in aereo, treno, auto, pullman, moto, bici o monopattino. Quei soldi non andranno persi perché il mio candidato ideale s'impegnerà, con atto pubblico, vidimato da un notaio, a versarli direttamente, ogni mese, a un'associazione di beneficenza. Dici, direttore, che così rischiamo di lasciare qualche futuro europarlamentare senza fonti di sussistenza, a patire la fame? A sfogliare qualche nome a caso tra gli aspiranti in lista (da Emanuele Filiberto a Gianni Rivera, da Iva Zanicchi e Ciriaco De Mita) ho l'impressione che questo scrupolo sia esagerato. E comunque m'impegno qui, pubblicamente, a fornire pane e companatico a chi dovesse ritrovarsi sul lastrico perché accetta la mia proposta. Qualcuno si farà avanti? Se a motivare tanti belli spiriti ricchi di entusiasmo e di ideali è lo spirito di servizio (e chi vorrà negarlo?), allora non ho dubbi: sarà una gara ad aderire, a dimostrare che quei 2 milioni e 150mila euro non interessano proprio, che è giusto darli a chi ne ha davvero bisogno. Tra tanti candidati, allora, chi voterò? Appena mi sveglio dal sogno te lo dico.


Caro collega amico e qualunquista, la tua boutade è divertente. Ma resta una boutade. Non ti sfugge che se si potessero eleggere solo quelli che possono rinunciare agli stipendi, ritorneremmo all’ancien régime: un Parlamento formato solo da ricchi sfondati. Altro che casta. Il tuo slancio di generosità, per altro, è commovente, ma piuttosto sterile: non credo che la tua busta paga, per come la conosco, possa fornire gran che pane e tanto meno companatico ai tuoi candidati preferiti. E già che ci siamo, un’ultima cosa a proposito del week end del 6-7 giugno: scordati la gita fuori porta. Quando ci sono le elezioni tu puoi anche stare lontano dal seggio.

Non certo dalla .

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