Cultura e Spettacoli

Abbado torna alla Scala per di 90mila alberi

"Amo la mia città", ha dichiarato dopo il sì definitivo che comprende l’ampliamento delle zone verdi. Nel giugno 2010 il maestro dirigerà l'orchestra Mozart e quella scaligera

Abbado torna alla Scala per di 90mila alberi

Ritorna vincitor. Per tutto il resto, Claudio Abbado non somiglia a Radamès. Civile, razionale, felicemente cocciuto nei suoi propositi, ha voluto dare alla sua città un segno d’amore e di serietà, inserendosi quasi come testimonial di una delle poche iniziative molto prestigiose di Milano, Comune e Provincia riuniti, un po’ di sano e urgente rimboschimento. Anche il modo scherzoso con cui ha accettato di ritornare, fissando un numero di alberi da piantare e accelerando un progetto che poteva latitare secondo le consuetudini italiane, ha dell’affetto senza retorica.

All’incontro con le autorità, è stata comunque voluta la presenza d’un vivaista. Questo omaggio alla professionalità fa sperare che adesso fra i dirigenti della Scala chiedano la presenza d’un musicista.
Abbado ha dichiarato: «Amo la mia città» e anche questo l’ha fatto nel suo stile, passeggiando con le autorità che hanno voluto incontrarlo, da piazza Duomo a piazza della Scala. Non è uno che parli molto; e quanto al passeggiare spesso lo fa da solo, pensando. Una volta ero a Ferrara per il suo Don Giovanni con dei giovani amici e l’abbiamo visto camminare verso il teatro; uno ha chiesto: «Lo salutiamo?», e un’altra gli ha subito risposto che le sarebbe sembrato di disturbare un po’ di sacra solitudine.

Il mestiere del direttore d’orchestra è solitario più di quanto si creda. Già per natura: il gesto arriva col pensiero, un attimo prima del suono degli strumentisti e dei cantanti, che precorre: è come se scrivesse su una lavagna di silenzio. Il suo lavoro è artigianale per i mille segni con cui deve far vivere le lunghe scelte delle prove. Ed è carismatico, per i direttori più grandi: come uscendo dalla trincea all’attacco, c’è chi viene seguito dai soldati come un sol uomo e chi no. Si vede sùbito la differenza: all’alzata del braccio di Abbado, l’orchestra è già tesa e pronta, il suono è pulito.

Ma il pensiero di Abbado si compie anche e soprattutto come un ragionamento netto e convincente: una linea sicura, coerente, che si può sempre discutere, ma che è evidente e precisa. Da quando era giovinetto, una sua esecuzione è sempre stata una lezione di chiarezza, un segno di civiltà.

Adesso ha un gruzzolo d’anni, ha superato stoicamente una malattia durissima senza cedere un passo, e deve avere maturato molte cose sue, perché le ultime interpretazioni sono apparse d’una pienezza nuova. Ho ascoltato qualche tempo fa da lui la sinfonia Eroica di Beethoven: la dialettica si scomponeva e ricomponeva come lasciando vedere in filigrana i segni d’una logica misteriosa ed infinita.
Quanti segni abbia lasciato a Milano nelle stagioni in cui è stato direttore stabile è difficile calcolare. Ci sono momenti che la memoria restituisce e svela a distanza. Per esempio, nell’Italiana in Algeri: in quest’opera buffissima di Rossini la protagonista, tenuta prigioniera da un sultano pittoresco, incontra inaspettatamente il suo fidanzato e i due non devono far capire che si sono riconosciuti: è un motivetto con pizzicati leggeri e qualche nota lieve di fiati, e Abbado riesce a dare una vertigine meravigliosa senza un pelo d’enfasi. Uno se la ricanta a distanza e capisce che lì dentro dev’esserci un segreto prezioso.

Altri ricordi sono invece più ufficialmente importanti: la trasparenza del grumoso Berg, la brezza sul mare di Simon Boccanegra, la pace che offre ai cantanti senza mai uscire dalla linea prefissata. E l’intensità degli applausi alla fine, con la gente che poi corre al camerino da cui il maestro è già scappato...

Ora ritorna nella sua città 23 anni dopo il congedo, brusco come spesso nella storia dei direttori stabili d’orchestra, Karajan non meno degli altri. Alla Scala non hanno trovato ancora un artista stabile sul podio che continui il prestigio di personalità pur diverse come De Sabata e Cantelli, di Gavazzeni e di Muti. Poiché la data del concerto di Abbado che radunerà anche la sua orchestra Mozart per eseguire la gigantesca sinfonia dei mille di Mahler, è nel giugno del 2010, chissà mai. Certo, ci vorrebbe una personalità super, e capace di ridare un’identità forte a questo teatro che in tutto il mondo è atteso soprattutto nel repertorio italiano.

Uno da novantamila alberi per cachet: come si dice, da inventare di sana pianta.

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